Piccolo Vocabolario del Teatro Ragazzi
QUESTO PICCOLO VOCABOLARIO DEL TEATRO RAGAZZI
VUOLE ESSERE UN MATERIALE IN CONTINUO DIVENIRE.
LE PAROLE CHE LO COMPONGONO SONO SEMPRE IN MOVIMENTO.
A DISPOSIZIONE DI TUTTI COLORO CHE VOGLIONO CONTRIBUIRE A RIFLETTERCI SU.
COME?
ATTRAVERSO L’EMAIL POTETE CONTATTARE IL CIRCOLO CULTURALE PAROLE CHIAVE
PER PROPORRE NUOVE PAROLE, INTEGRARE LE DEFINIZIONI DI PAROLE GIÀ DESCRITTE,
COMUNICARE RIFLESSIONI E DOMANDE
OPPURE SUGGERIRE LA DEFINIZIONE DELLE PAROLE NON ANCORA SVILUPPATE:
PICCOLOVOCABOLARIO@ASSITEJ-ITALIA.IT
A
ABBANDONO
ADOLESCENTI
AGILE
ALLEANZA
ALLEGRIA
ALLESTIMENTO
AMALGAMARE
AMMINISTRATORE
ANCORA
ANIMAZIONE
ANIMAZIONE TEATRALE
AQUILONE
ARCHETIPO
ARCHITETTO
ARTE
ARTISTA
ASSIEME
ASSITEJ
ATTORE
ATTRAVERSARE
AVVICINAMENTO
B
BAMBINI (vedi Infanzia)
BELLEZZA
BELLO
BIMBI
C
CALEIDOSCOPIO
CAMERINI
CARINO
CENTRI DI PRODUZIONE
CIRCUITI
CLASSE
COINVOLGENTE
COLORI
COMICO
COMPETENZA
COMPLESSO
COMPLICITÀ
CONDIVISIONE
CONFINE
CORALE
CORONAVIRUS
CORSO
CREATIVITÀ
CREAZIONE
CRESCITA
CUORE
CURIOSITÀ
D
DANZATORE
DATA
DEDICATO
DELIRIO
DIBATTITO
DIDATTICA
DIDATTICO
DIETRO LE QUINTE
DIFFICILE
DIMINUTIVO
DISTRAZIONE
DIVERSITÀ
DIVERTENTE
DIVERTIMENTO
DIVERTIRE
DOCENTI
DOMENICALE
DRAMMATIZZAZIONE
DRAMMATURGIA
E
ECCITAZIONE
EDUCATIVO
EDUCAZIONE
ELEGANZA
EMOZIONANTE
EMOZIONE
EMPATIA
EQUILIBRISMO
ESIGENZA
ESPERIENZA
ESPLORAZIONE
ESTERO
ETÀ
ETICA
EVOCAZIONE
F
FACILE
FANTASIA
FAVOLE
FESTA
FIABE
FIGURA
FINANZIAMENTI
FORMAZIONE
FREQUENZA
G
GENDER
GENITORI
GESTO
GIOCO
GIOIA
GIOVANI
GRUPPO
H
I
IMPARARE
IMPROVVISAZIONE
INCANTO
INDIVIDUO
INTERATTIVO
INTERAZIONE
INTERGENERAZIONALITÀ
INTRATTENIMENTO
ISTITUZIONI
ITALIA
J
K
L
LABORATORIO
LAVORO
LINGUAGGIO
LUDICO
M
MAESTRE (CFR. INSEGNANTI)
MAGIA
MARIONETTE
MASCHERA
MATRIOSKA
MEMORIA
METAFORA
MISCUGLIO
MOVIMENTO
MULTIDISCIPLINARIETÀ
MULTIMEDIALITÀ
MUSICA
MUSICISTA
N
NARRATORE
NARRAZIONE
NON OSCURABILITÀ
O
OMINO DEL TEATRO
ONIRICO
ORGANIZZATORE
ORIZZONTE
P
PAGLIACCI
PALCOSCENICO
PALESTRA
PARTECIPAZIONE
PASSIONE
PATRIMONIO
PEDAGOGIA
PEDAGOGICO
PENNELLATA
PER – CON – DEI (Ragazzi)
PERDERSI
PERFORMATIVITÀ
PIANGERE
PIAZZA
PICCOLI
PICCOLO
POESIA
POETICA
POLIFONIA
POLITICA
PORTE
POSSIBILITÀ
POTARE
PRESENZA
PROFONDITÀ
PROGETTO
PROGRAMMA (SCOLASTICO)
PROGRAMMARE
PUBBLICO
PUPAZZI
Q
QUALITÀ
QUANTO BASTA
R
RACCONTI
RADICI
RAGAZZI
RAPPRESENTAZIONE
RECITA
REGISTA
RELAZIONE
REPLICA
RETE
RICERCA
RIDERE
RIGORE
RITMO
RITO
RITROVARSI
S
SCAVARE
SCENETTA
SCENOGRAFIA
SCAMBIO
SCINTILLA
SCOLASTICA
SCOLASTICO
SCOPERTA
SERIE B
SGUARDO
SIAE
SIGNIFICATO
SIMPATICO
SISTEMA
SOCIALE
SOCIALIZZAZIONE
SOGNO
SPAZIO
SPERIMENTAZIONE
SPETTACOLINO
SPETTATORE
SPIEGARE
STORIE
STRADA
T
TEATRINO
TEATRO
TECNICA
TEMATICA
TEMI
TEMPO
TESTO
TOURNÉE
TRAVESTIMENTO
U
USCITA
UTILE
V
VALORI
VIAGGIO
VISIONI
VOCAZIONE
W
X
Y
Z
LE PAROLE DEGLI ALTRI
ABBIAMO CHIESTO UN DONO, HANNO PORTATO PAROLE:
CRISTINA CASONI – insegnante di scuola superiore
ROSA MELONI – ex dirigente scolastico
CESARE MORENO – presidente dell’Associazione Maestri di Strada
GIUSI QUARENGHI – poetessa e scrittrice
ANDREA SERRA – maestro all’ospedale microcitemico di Cagliari
A
ABBANDONO
ADOLESCENTI
ADOLESCENZA
Dal latino: adolescens participio presente di adolescere composto da ad rafforzativo e alere nutrire. Che si sta nutrendo. L’adolescente è colui che si sta nutrendo e l’adulto, dal participio passato della stessa radice, è colui che si è nutrito. Questa immagine ci disegna due individui, uno che non ha concluso la propria formazione e uno che lo ha fatto.
Definizione Treccani: s. f. dal lat. adolescentia; v. adolescente. L’ultima fase dell’età evolutiva, interposta tra la fanciullezza e l’età adulta, caratterizzata da una serie di modificazioni somatiche, neuro-endocrine e psichiche, che accompagnano e seguono l’età puberale.
In adolescenza ci si cala negli abissi dell’anima, dove tutto è sottoposto a profonda trasformazione (sia corporea che psichica), alle separazioni (dai primi oggetti d’amore, quali i genitori) e alle inevitabili perdite (la propria infanzia). Si assiste all’impeto delle passioni e alla instabilità dei confini ordinari del pensiero logico e formale. I sentimenti appaiono intensi e inconciliabili. Tutto appare fluttuante come in un sogno.
Il teatro permette di vivere questi paradossi emozionali e offre uno strumento di lettura della realtà, uno strumento attraverso il quale orientarsi all’interno di un periodo di sovra stimolazioni.
Il Teatro Ragazzi sostiene gli adolescenti nel percorso di comprensione del presente, per poterlo governare e affrontare in modo critico e consapevole. Il teatro per gli adolescenti non vuole essere un’esibizione fine a se stessa, ma un percorso che cerca di dare un senso alla vita.
Il Teatro Ragazzi ha una grande utilità perché è un linguaggio interdisciplinare in grado di contenere e connettere più elementi e mondi: testo, gesto, suono, immagini, movimento, tutti elementi che contribuiscono a fondare il senso della vita dei ragazzi. È agli adolescenti che va riconosciuto il loro essere competenti, nello sviluppo di un protagonismo responsabile come cittadini. Gli adulti, come sostiene Manzi, “hanno il compito di educare a pensare per preparare un individuo a saper ricostruire continuamente il suo sapere sviluppando modi di guardare la realtà e modi di mettersi in relazione con la realtà” (…).
ADULTO
Agg. e s. m. (f. -a) dal latino adultu(m), participio di adolescĕre, “crescere”.
1. Cresciuto, di persona che ha raggiunto il completo sviluppo fisico e psichico.
In psicologia un individuo è considerato adulto quando si ritiene che abbia raggiunto il completo sviluppo non solo sessuale o in generale fisico ma anche psichico, pertanto l’età adulta si colloca posteriormente all’adolescenza, un periodo di crescita caratteristico della specie umana, di tipo essenzialmente sociale e la cui durata è influenzata dal contesto, sia a livello micro che a livello macro, tant’è che oggi psicologi e sociologi parlano di una vera e propria dilatazione dell’adolescenza.
Nel Teatro Ragazzi la parola adulto spesso assume il significato di accompagnatore (genitori-insegnanti) del bambino/ragazzo a teatro ed è anche colui che quasi sempre opera la scelta sullo spettacolo e il teatro. L’adulto vive l’esperienza con i minori che accompagna, riconoscendo in questo una possibilità di relazione e di incontro differente dal quotidiano con il bambino/ragazzo. Un’esperienza di valore anche per sé stesso e di crescita attraverso la condivisione intergenerazionale di un evento e della sua ritualità.
Se il teatro fosse un pranzo, gli adulti sarebbero quelli che cucinano, apparecchiano, servono, condividono il pasto e chiacchierano, poi sparecchiano a quella tavola a cui i ragazzi sono invitati per poi chiedere loro: “Ti è piaciuto?”.
AGILE
ALLEANZA
ALLEGRIA
ALLESTIMENTO
AMALGAMARE
AMMINISTRATORE
ANCORA
ANIMAZIONE
ANIMAZIONE TEATRALE
ANTROPOLOGIA
Dal greco ἄνθρωπος ànthropos “essere umano” e λόγος, lògos “discorso, dottrina”, quindi letteralmente: “studio dell’essere umano”, è una branca scientifica sviluppatasi in particolar modo in epoca moderna che studia l’essere umano sotto diverse prospettive: sociale, culturale, morfologica, psicoevolutiva, sociologica, artistico-espressiva, filosofico-religiosa; e che in generale indaga i suoi vari comportamenti all’interno della società.
Nata come disciplina interna alla biologia, ha acquisito in seguito anche un importante valore umanistico.
Il Teatro Ragazzi o, per meglio dire, quel nuovo Teatro Ragazzi nato negli anni ‘60/’70 del secolo scorso è come avesse messo in discussione tutte le componenti del teatro: il linguaggio, la relazione col pubblico, le modalità organizzative, andandone a cercare la sua natura antropologica, di bisogno dell’essere umano.
A partire da una relazione bi-direzionale col “popolo-bambino” sono nate grammatiche, poetiche, drammaturgie e attoralità.
Sotto questo aspetto il lavorare coi bambini e, in particolare, con quelli di fasce basse di età (ad esempio i bambini dell’asilo nido), porta naturalmente ad interrogarsi sull’origine del linguaggio teatrale e sulla necessità di cambiare l’idea di “testo” (perlopiù letterario) a favore di una drammaturgia che nasce da un bisogno profondo e antico di condivisione comunitaria, da una ritualità ludica di cui i bambini sono interpreti. Da una dimensione antropologica, appunto. Sotto questo profilo, forse, occuparsi di Teatro Ragazzi non significa solo occuparsi di Teatro Ragazzi. Ma occuparsi di Teatro, nell’accezione più piena del termine. Del suo senso profondo. Quel senso che i bambini e i ragazzi ricordano ed esigono.
AQUILONE
ARCHETIPO
ARCHITETTO
ARMONICO
Dal lat. Harmonicus, rispondente alle leggi o concernente le leggi dell’armonia.
Fig. Ben proporzionato, armonioso.
Derivato di “Armonia”: consonanza di voci o di strumenti in accordo tra loro e grati all’orecchio e al cuore.
Se pensiamo al significato di armonico e al Teatro Ragazzi la prima cosa che viene in mente è proprio lo stare a teatro, quando insieme agli attori sul palco si compie quel rito, quella magia, che crea un’armonia di corpi, di voci, di emozioni, di cuori che battono all’unisono in un silenzio perfetto o di risate e di applausi che esplodono al culmine dell’emozione. Accanto a questo significato c’è anche quello legato alla pratica del teatro, ai laboratori e all’arte in generale e a quanto essa possa contribuire allo sviluppo armonico di un bambino ma anche di un adulto, permettendo al corpo, alla mente e alla sfera emozionale di armonizzarsi e di fare un vero e proprio percorso di crescita
ARTE
ARTISTA
ASCOLTO
Dal latino Auscultare, cioè sentire con l’orecchio.
Ascolto è l’atto dell’ascoltare. È l’arte dello stare a sentire attentamente, del prestare orecchio. Ascoltatore è chi ascolta; ascoltare la lezione, un oratore; ascoltare con interesse tutto ciò che viene detto. Non trattasi di atto superficiale.
Azione dell’ascoltare.
Essere, stare, mettersi, rimanere in ascolto di qualcosa, di qualcuno, prestare attenzione.
L’ascolto attivo empatico è la capacità di mettersi nei panni dell’altro condividendo i vissuti e la percezione emotiva.
Il Teatro Ragazzi ha fondato la propria genesi e la propria pratica drammaturgica sull’Ascolto del proprio destinatario.
Dall’Ascolto ha derivato le proprie “grammatiche” e le proprie “poetiche”. I propri modi di fare: sul palco, nell’organizzazione, nella relazione col pubblico e coi territori.
Un Ascolto che si fa pratica costante per continuare a tenere vivo l’ecosistema nel quale il Teatro Ragazzi opera. Un ecosistema e ambiente culturale che ha bisogna di una cura costante. Quotidiana. Continua. Umilmente determinata.
In merito a chi si occupa di Teatro Ragazzi Mafra Gagliardi parla di coltivare “l’Attitudine all’Ascolto”.
ASSIEME
ASSITEJ
ATTESA
Sostantivo derivato dal verbo attendere; dal latino attendere: volgere l’animo verso qualche cosa.
Stare con l’animo rivolto a persona o cosa che si spera o si prevede debba sopraggiungere o accadere; generico stato di tensione.
Arco temporale con respiro ampio abitato da emozioni legate a ciò che dovrà accadere.
Ascoltare, fare, prestare attenzione prendersi cura e custodire, badare, prendere in considerazione (significato in disuso del verbo attendere usato ancora in forme dialettali).
Negli spettacoli proposti ai bambini c’è sempre un “prima” (anche un “durante” e un “dopo”…) e quel prima è il tempo dell’attesa. Un tempo non neutro di cui è necessario prendersi cura. Giocando sul cosa, sullo spazio, sul quando, sul come e sul come mi sento.
Un tempo da agire, ma non troppo, dove è possibile indugiare; un tempo da custodire e guidare senza forzature perché l’animo sia libero di tendere, senza troppo interferenze, verso ciò che succederà.
I bambini sono degli a-spettatori (Renzo Boldrini).
ATTORE
ATTRAVERSARE
AVVICINAMENTO
B
BAMBINI (vedi Infanzia)
BELLEZZA
BELLO
BIGLIETTO
Dal francese billet, deriva da un antico bullette, dim. del lat. bulla
SIGNIFICATO da diversi dizionari:
1. Foglietto con poche parole di avviso, di saluto, (biglietto postale, biglietto da visita, ecc.)
2. Piccolo stampato rilasciato come contrassegno del diritto di usufruire di un pubblico servizio (biglietto ferroviario, tranviario), o di assistere a un pubblico spettacolo (biglietto d’ingresso); biglietto numerato, che porta il numero corrispondente a quello del posto da occupare.
3. Titolo di credito a corso legale emesso dallo Stato direttamente o tramite una banca (Biglietto di Stato/Banconota).
Mezzo attraverso il quale il pubblico ha la possibilità di accedere alla visione dello spettacolo. Nelle rassegne destinate alle famiglie, solitamente viene acquistato senza problemi.
Nelle rassegne dedicate alle scuole l’acquisto talvolta somiglia ad una contrattazione.
Aneddotica
Spesso le prenotazioni dei biglietti da parte degli insegnanti vengono accompagnate da richieste di questo tipo:
“Ho dei fratelli in classi diverse: pagano tutti?” ovviamente i fratelli non sono dell’insegnante, ma fratelli fra di loro.
“Ho un alunno che dovrà uscire per una visita medica a metà spettacolo, paga? Ma paga tutto il biglietto?”
“Ho degli alunni che sono indigenti, se non posso avere la gratuità non potranno vedere lo spettacolo”.
E se non ci sono queste richieste, c’è sicuramente la domanda: “Quanti biglietti gratuiti date per ogni classe?”
Come se uno andasse dal salumaio e chiedesse “Vorrei 10 fette di prosciutto, quante fette in più mi può tagliare gratuitamente?” Ma questo, al salumiere del caso, non viene neppure in mente di chiederlo. Al botteghino del teatro, sì.
BIMBI
BURATTINO
L’etimologia della parola burattino si riallaccia al termine buratto= panno ordinario di colore scuro con cui venivano confezionati i fantocci di cenci che acquisirono perciò il nome di burattini. A differenza delle marionette, che sono pupazzi fatti generalmente in legno e vengono manovrati attraverso i fili, i burattini, invece, sono pupazzi che hanno la testa in legno o altro materiale (cartapesta, creta, etc.) e vengono mossi direttamente dalla mano del burattinaio che li indossa a mo’ di guanti. Per questo motivo i burattini compaiono in scena solo a mezzo busto. Collodi, in linea probabilmente con i suoi contemporanei, definì erroneamente Pinocchio un burattino.
Nel corso della storia i burattini hanno avuto un ruolo importante, consentendo di esprimere idee e pensieri che, diversamente, in tempo di regime e in generale di scarsa libertà di parola, non avrebbero avuto voce. Sono stati depositari del sentire collettivo assumendo, dunque, anche un ruolo sociale. Progressivamente sono stati relegati sempre più ad un ruolo di puro intrattenimento, considerati fruibili solo per un pubblico di bambini e hanno trovato sempre meno spazio nei teatri.
Si può dire, in un certo senso, che il burattino sia divenuto vittima di un pregiudizio.
È interessante rilevare anche come il termine “BURATTINO”, accostato ad una persona, abbia un’accezione negativa e svalutante, indicando colui che è privo di una propria volontà e che viene manovrato da altri senza alcuna capacità di pensiero.
Quello dell’utilizzo dei Burattini, tuttavia, si colloca come uno dei rami più noti del teatro di figura, espressione artistica di grande valore sia tradizionale che nella sperimentazione, che trova uno spazio e incontra l’interesse del pubblico in parte in Italia ma soprattutto all’estero.
C
CALEIDOSCOPIO
CALENDARIO
Dal lat. calendarium, der. di calendae (primo giorno del mese); in origine “libro di credito, di scadenze”, perché gli interessi maturavano il primo del mese.
Si suppone si tratti di un derivato di calare, ossia “annunciare”, termine usato in particolare per gli annunci pubblici di ore e giorni (spesso parte di liturgie sacerdotali).
Il calendarium si presentava quindi come un registro commerciale su cui si segnavano le scadenze dei crediti e gli interessi maturati, riportati di solito al primo del mese.
Sistema convenzionale di divisione del tempo: l’intervallo base di tale divisione è per solito l’anno; accanto a questo, si riscontrano calendari diversi per diverse attività che complessivamente si riscontrano all’interno dei 12 mesi, pur non comprendendoli tutti. Qualche esempio: c. solare, c. lunare, c. giuliano, c. gregoriano, c. rivoluzionario francese, c. perpetuo, c. illustrato, c.tascabile, c. scolastico, c. giudiziario, c. liturgico, c. sportivo, c. venatorio, c. agricolo.
In senso più ampio e generico, il programma di un’attività, dei lavori da svolgere.
Nel teatro ragazzi il calendario scolastico e il calendario teatrale che prevede una programmazione dedicata alle scuole, si sviluppano quasi nel medesimo arco temporale: entrambi fanno quindi parzialmente riferimento al calendario solare.
Il calendario teatrale è temporalmente ridotto rispetto a quello scolastico, in quanto inizia ad anno scolastico consolidato (ottobre) e termina con l’inizio della primavera, essendo gli ultimi mesi di scuola (aprile e soprattutto maggio) spesso dedicati alle gite di istruzione fuori città.
Il calendario teatrale per le scuole osserva quello scolastico nelle chiusure (es. ponti e festività).
Gli spettacoli programmati nel calendario teatrale hanno luogo al mattino, come le lezioni. Aderire al cartellone teatrale, corrispondendo a un’uscita didattica, non dovrebbe comportare grossi problemi organizzativi per la scuola: questa sarebbe la grande forza per il riempimento delle repliche da parte di alunni e docenti. Il condizionale è d’obbligo, poiché pur corrispondendo in teoria alla didattica, di fatto comporta problemi organizzativi: a livello di periodi (scrutini, inizio/fine del quadrimestre, festività civili e religiose a ridosso dell’uscita), orari (necessità di riorganizzazione delle presenze dei docenti e relativo cambio degli stessi in orari e luoghi diversi dalla scuola), e responsabilità degli insegnanti. Quest’ultima negli ultimi anni – insieme alla crescente burocrazia – ha reso sempre più difficoltose le uscite didattiche: quelle teatrali fra queste.
Il calendario della stagione teatrale per le famiglie (programmato solitamente sabato o domenica) può essere uguale a quello scolastico oppure ridotto rispetto a quello: gennaio/marzo, ottobre/dicembre; con una programmazione estiva giugno/luglio, luglio, agosto, luglio/settembre.
Vedi anche PROGRAMMA.
CAMERINI
CARICO-SCARICO
“Càrico” (poet. carco) s. m. Der. di caricare. Atto, operazione di caricare. Quantità, peso, qualità di ciò che si carica.
“Scàrico” (poet. scarco) agg. Der. di carico. Privo del carico, in quanto non è stato ancora caricato o è stato già scaricato.
La poesia del Teatro è fatta, anche, di cose concrete e concreti sono gli oggetti e le attrezzature che si deve portare dietro chi fa gli spettacoli.
“Caricarli” su un furgone o un furgoncino e “Scaricarli” su un palcoscenico (o luogo analogo).
“Caricarli”, alla fine dello spettacolo, nuovamente sul furgone e “Scaricarli” in un magazzino.
L’artigianalità che caratterizza il Teatro Ragazzi spesso prevede che chi “Carica” e “Scarica” siano gli stessi che, poi, reciteranno.
Sotto il profilo tecnico ci sono vari modi di “Scaricare” lo spettacolo: ci sono quelli che distribuiscono con ordine, sul palco, i vari elementi scenografici e tecnici, mettendoli già, più o meno, dove dovranno essere poi installati e quelli che ne fanno un mucchio indistinto in un punto qualsiasi dello spazio scenico.
Ci sono, inoltre, quelli che, come prima cosa, posano le loro borse e i loro cappotti in proscenio e poi “Scaricano” scavalcandoli ogni volta che portano un oggetto.
Aspetto fondamentale del concetto di “Scarico” è la distanza che separa il palco dal punto più vicino in cui si può arrivare col furgone.
Le variabili, a questo riguardo, sono pressoché infinite: vicinissimo, vicino, sarebbe vicino ma non si trova la chiave della porta del palco e bisogna fare il giro dal foyer e attraversare la sala, sarebbe vicino ma “oggi c’è la fiera dell’artigianato e la piazza è occupata”, al primo piano con ascensore, al primo piano senza ascensore, al secondo piano (raro) con o senza ascensore, e così via.
La centralità di queste operazioni nella vita di un teatrante per ragazzi è tale che, a volte, coglie la sensazione che fare lo spettacolo non sia altro che un apostrofo rosa tra le parole “Carico” e “Scarico”.
CARINO
CENTRI DI PRODUZIONE
CIRCUITI
CLASSE
COINVOLGENTE
COINVOLGERE
Composto di co- e involgere. Dal latino involvere, trascinare, travolgere, avvolgere.
A sua volta da in e vòlvere.
Rendere emotivamente e attivamente partecipe. Interessare suscitando emozioni.
Si tratta di una parola sorprendentemente recente, che risale solo alla fine dell’Ottocento, e ha un’incisività mirabile, da osservare bene. Infatti al tradizionale “involgere”, verbo oggi desueto coi significati di “avvolgere, avviluppare”, aggiunge un semplice prefisso: quel “co” dà la dimensione della partecipazione a una situazione.
Nel Teatro è termine delicato. Da maneggiare con attenzione.
Da un lato è al centro di ogni dinamica scenica: senza coinvolgimento (emotivo) non esiste teatro.
Dall’altro lato, soprattutto nel Teatro Ragazzi, potrebbe trasformarsi in un simulacro di sé stesso. Nel coinvolgere superficialmente ed esteriormente il pubblico.
I “bambini” e i “ragazzi”, sono brave persone. Assecondano volentieri gli attori che chiedono loro di muoversi, agitare una mano o ripetere una certa frase.
È un termine che può essere pensato anche come il fulcro di una metodologia drammaturgica. L’idea che non possa esistere Teatro rivolto ai Ragazzi senza che il destinatario non sia coinvolto in tutto il processo drammaturgico. A monte, a valle, intorno e durante il momento dello spettacolo.
COLORI
COMICO
COMPETENZA
COMPLESSO
COMPLICITÀ
COMUNITÀ
Dal lat. “Communitas” – comunanza. Der. di “communis” – comune. Insieme di persone unite da vincoli di appartenenza.
Il termine Comunità ha due significati prevalenti. Il primo, legato alla critica romantica della società moderna, indica una forma di vita collettiva caratterizzata da un profondo sentimento di appartenenza, fiducia e dedizione reciproca. Il secondo significato, di tipo descrittivo, indica invece un qualsiasi insieme di persone legate da uno o più fattori (lingua, territorio, religione, professione, economia, politica).
Rispetto al Teatro Ragazzi il significato di Comunità trova un forte legame con il sociologo tedesco, Ferdinand Tönnies, che sul finire del 19° secolo contrappose nettamente la comunità alla società moderna: mentre quest’ultima si basa su considerazioni di tipo utilitaristico o funzionale e stabilisce, quindi, tra i suoi membri relazioni soltanto esterne, fondate sull’interesse e su obiettivi specifici, la Comunità è un’unità vivente di sentimenti, emozioni e idee, che stabilisce tra i suoi membri un legame profondo e intimo, come accade durante la partecipazione ad uno spettacolo. La Comunità nell’ambito del Teatro Ragazzi è “un’energia”, un “centro” con un forte valore sociale. Perciò la parola Comunità può essere affiancata in questo contesto al verbo Educante, Comunità Educante, dove educare significa soprattutto un atto di reciprocità. Chi educa è anche educato e il suo sapere si gioca nell’atto dell’educazione. Educare non è solo formare. Educare è costruire insieme identità e futuro, elementi fondanti nei percorsi di crescita e sviluppo delle nuove generazioni.
CONDIVISIONE
CONFINE
CONTRAPPUNTO
Termine derivato dalla musica del secolo XIII che consisteva nel mettere una nota contro l’altra (dal lat. Contra punctum – contro nota). Nella prassi musicale odierna designa l’arte di combinare una data melodia con una o più melodie.
Il contrappunto è una tecnica utilizzata per creare melodie diverse dalla melodia data, ma che insieme creano un’armonia. Ogni voce/strumento di questa azione/parte è necessaria e indipendente, il tutto ha l’obiettivo di rendere la melodia data più elaborata, ogni elemento contribuisce a reggere e sorreggere quella melodia in un gioco tra varie melodie. Il contrappunto è un gioco musicale, un gioco in cui si instaurano delle relazioni.
Nel teatro il discorso delle voci che si sovrappongono è molto importante perché quello che si cerca e che si mette in pratica è sempre anche un’individualità, ognuno di noi porta quello che è, le proprie idee e la propria personalità. Queste idee, voci, movimenti, si incrociano e vengono tessuti insieme prima da un’auto-regia e poi da una regia esterna che ha il compito di aiutarci a intrecciare due voci individuali. Quindi il discorso dell’individualità, dell’essere esseri unici nel costruire melodie uniche, sempre all’interno di regole ovviamente, diventa poi la tessitura contrappuntistica di uno spettacolo, anche con l’aiuto della regia di chi sta fuori. Anche quando si è da soli c’è un lavoro di contrappunto, cioè viene costruita una voce che va in una direzione diversa rispetto a ciò che fa il corpo, vengono sviluppate partiture fisiche e vocali diverse, o comunque che si intrecciano. Anche il corpo stesso può costruire all’interno di sé una coreografia con melodie diverse: un braccio fa una cosa mentre lo sguardo, la testa, si dirigono verso un’altra direzione; una mano racconta quello che vuole vivere e la testa narra una cosa diversa.
CORAGGIO
1. forza d’animo nell’affrontare il pericolo, nell’intraprendere azioni difficili, nel sopportare con serenità dolori e sacrifici: un atto di coraggio; dimostrare coraggio; perdersi, mancare di coraggio; affrontare qualcosa con coraggio; coraggio civile, quello che si dimostra nell’affrontare una situazione rischiosa per il bene comune; avere il coraggio delle proprie opinioni, sostenere e difendere apertamente le proprie opinioni; avere il coraggio delle proprie azioni, agire apertamente, non di nascosto, e prendersi così la responsabilità delle proprie azioni
2. sfacciataggine, impudenza: ci vuole un bel coraggio a comportarsi così!
3. (lett.) cuore, animo, – inter. esortazione a non perdersi d’animo: coraggio, ancora pochi metri e ce l’abbiamo fatta!
Etimologia: dal provenz. coratge, che è dal lat. volg. coratĭcu(m), deriv. di cŏr cŏrdis “cuore”.
La prima cosa che viene in mente è l’atto che i bambini compiono ogni volta che riescono a superare la paura, la paura del buio e delle luci che si spengono prima dello spettacolo, la paura quando la musica è molto alta o ci sono forti rumori sulla scena e allora li vedi che piano piano si fanno coraggio e aprono gli occhi e se da soli non ce la fanno prendono la mano dell’adulto che li accompagna e piano piano si rilassano… E parte la magia.
E spesso ritroviamo l’elemento del coraggio dall’altra parte, sul palco…
Il coraggio di superare delle prove è spesso presente negli spettacoli, nelle fiabe e nelle storie che vengono narrate.
Il coraggio è un elemento importante della fiaba, è attraverso un atto di coraggio che si può uscire dal bosco, affrontare un lungo viaggio, combattere per qualcosa… Compiere un passaggio, in cui il protagonista cresce e scopre attraverso le proprie forze (e ogni tanto qualche piccolo aiuto) che può affrontare qualsiasi cosa.
Le storie ci parlano sempre del coraggio di affrontare l’ignoto, di sembrare ridicoli o pazzi, del coraggio di incontrare la morte…
CORALE
CORONAVIRUS
CORSO
CREATIVITÀ
CREAZIONE
CRESCITA
CUNEO
Prisma a sezione triangolare per lo più isoscele, di materiale duro, usato per fendere o spaccare, oppure, inserito fra due superfici, per bloccarne o contrastarne le spinte reciproche; a cuneo, a forma di cuneo.
Nel teatro e nell’anfiteatro romano, ognuno dei settori in cui la cavea era divisa dalle scale. Stretti in basso e via via allargantesi in alto.
Il Teatro e, in particolare, il Teatro Ragazzi tendono sempre ad equivocare e a intendere tutto come metafora. Anche questo semplice congegno meccanico triangolare.
Ad esempio immaginando di inserire un cuneo nella compattezza di visioni del mondo che abitano la quotidianità dei propri spettatori.
Oppure di infilarsi in quella tenera crepa emotiva che abita ogni bambino e che molti adulti passano il tempo a cercare di tamponare con varie qualità di stucco.
Infilarsi per fare immaginare, con il Teatro, un’altra possibilità. Perché fiorisca l’idea che sia possibile pensare in modo diverso e, di conseguenza, progettare e cercare di costruire un mondo diverso.
Dal punto di vista del mestiere del fare teatro ci sono schiere di organizzatori, amministratori e artisti che passano tutta la vita ad affilare con un piccolo cutter blocchetti di legno per cercare di far restare in bolla tutto ciò che tende a cadere: uno spettacolo, il bilancio di esercizio, le relazioni con i colleghi, con le Regioni, col Ministero competente, ecc.
Dal cuneo, in fondo, dipende la stabilità o la minor precarietà del mondo e del lavoro che si è scelto di svolgere.
A volte si ha la sensazione che, visto da lontano, tutto il sistema teatrale sia un enorme insieme di cunei.
Resta comunque molto utile, nella sua accezione più concreta, propria e lignea, per dare stabilità alle scenografie quando la pendenza del palco è molto accentuata.
CUORE
CURA
Etimo incerto. Cura, dal latino, ha per radice cor ovvero cuore.
Significato:
1. Interessamento solerte e premuroso per un oggetto, che impegna sia il nostro animo sia la nostra attività.
2. Attenzione nel fare qualcosa.
3. Il complesso dei mezzi terapeutici e delle prescrizioni mediche.
4. Ufficio e ministero del sacerdote cattolico (curato).
La CURA è in ogni gesto, in ogni azione, in ogni tempo, in ogni spazio, in ogni aspetto del fare e del progettare.
CURA dello spettacolo – Fare sì che tutte le funzioni componenti abbiano adeguate attenzioni al fine della buona riuscita dello stesso.
CURA degli artisti, delle scenografie, oggetti di scena, costumi, della scrittura, della drammaturgia, delle parole da usare, degli argomenti da trattare.
CURA degli spettatori – Far sì che le proposte di produzione o di ospitalità siano adeguate all’età ed alla comprensione del pubblico al quale sono destinate; che il luogo nel quale il pubblico si trova sia accogliente, riconoscibile come luogo amico e rassicurante. Comprende anche l’accoglienza delle compagnie ospiti. ACCOGLIENZA è un progetto: di crescita, d’incontro, di scambio, di confronto che, superando il concetto di ospitalità, trasforma l’accoglienza in un’attività. Ma anche ATTENZIONE, ASCOLTO, delle esigenze e dei desideri del pubblico di bambini ed adolescenti, dei suoi rumori e dei suoi silenzi. PREMURA, SOLLECITUDINE, ATTENZIONE, DILIGENZA, SOLERZIA.
CURA della rete territoriale, degli interlocutori: il Teatro Ragazzi è cura dell’ambiente, del territorio, delle istituzioni e delle persone che lo abitano. Attuare una politica di teatro rivolto alle nuove generazioni e più in generale alla comunità, implica uscire dall’individualismo per entrare nella dimensione della CONDIVISIONE e del CONFRONTO.
CURA delle RELAZIONI, del legame sociale delle COMUNITÀ, di uno spazio di confronto ricco di senso. Il teatro è “un medicamento”, “un sollievo”, portatore di benessere non come semplice “INTRATTENIMENTO” ma come spazio per esperienze significative e di CRESCITA.
Essendo infine lo spettacolo teatrale un vero Rito Laico, chi se ne occupa ha, nei confronti degli spettatori, le funzioni del “curato” rispetto ai fedeli , cioè l’assistenza diretta.
Non essendoci aneddoti, si aggiungere qualche cosa che alleggerisca la parola facendo riferimento a due alberi simbolici della CURA.
TIGLIO: l’infuso di fiori e foglie combatte insonnia, tachicardia, mal di testa dovuto ad ansia e stress e abbassa la febbre. Con i suoi fiori le api fanno un miele dolce e benefico per la tosse.
OLMO: conosciuto sin dall’antichità non solo per l’eleganza e l’imponenza del suo aspetto, ma anche per le sue proprietà medicamentose. Serve ad espellere le tossine del corpo. In particolare, l’uso dell’olmo come rimedio naturale è documentato già da Plinio il vecchio che ne decantava la sua capacità di cicatrizzare le ferite.
CURIOSITÀ
D
DANZA
Danza s. f. [dal fr. danse, deverbale di danser “danzare”].
1. In generale, da un punto di vista antropologico, insieme strutturato di movimenti ritmici del corpo con funzione mimica, simbolica, narrativa, ecc., solitamente associati alla musica, le cui caratteristiche variano con le epoche storiche, le aree geografiche, i contesti culturali, e i cui fini possono essere rituali, ludici, religiosi, celebrativi, ecc.
2. In etologia, sequenza caratteristica di movimenti, in genere ritmici, che costituisce la risposta di un animale a un determinato stimolo e ha per lo più funzioni comunicative, come nel caso del corteggiamento in certe specie di uccelli o nello scambio di informazioni tra le api sulle fonti di un cibo.
La DANZA costituisce una forma di comunicazione umana complessa ed efficace che, secondo Marc Muret, è in grado di esprimere la vera essenza dell’individuo, manifestando senza forzature le sue verità implicite, in quanto “il corpo non inganna mai, mentre con le parole si può dire tutto”. L’attività corporea connessa alla danza ed il suo movimento, che esprime una spinta creativa, rappresentano una via diretta di comunicazione con l’altro. Tra le molteplici ed articolate attività corporee, la danza è la disciplina che consente in maniera pregnante di conciliare armonicamente lo sviluppo motorio con quello espressivo ed emozionale, dando “corpo” al mondo fisico sommerso di ciascun soggetto e consentendo la manifestazione delle dimensioni più profonde della natura umana. La danza è quindi uno strumento di comunicazione e relazione con significati educativi, sociali e politici. Queste sono aspetti fondamentali nel considerare il valore e ruolo della Danza nel Teatro in generale e nel Teatro Ragazzi nello specifico di questa analisi.
Quando si parla di Danza non si può non fare riferimento al Teatro-danza, sviluppato per la prima volta in Germania negli anni ’70 ad opera di cinque grandi artisti che rientrano nella corrente del Tanz theater tedesco, prima di tutti Pina Bausch che ne è stata l’interprete principale. Il Teatro-danza può essere definito come perfetta sintesi di linguaggi espressivi, non c’è distinzione tra recitazione, canto e danza che sono continuamente interconnessi e gli interpreti sul palcoscenico sono allo stesso tempo attori, ballerini e autori dell’opera tanto che nel teatro danza di Pina Bausch vengono chiamati “danzattori”. I danzatori-attori in scena hanno spesso il compito di improvvisare coreografie per trasformare in parole ed azioni un’urgenza interiore ed un messaggio da veicolare al pubblico. Nel teatro-danza espressione corporea, movimento, musica e libertà creativa si uniscono in una perfetta combinazione producendo un risultato innovativo e di impatto.
Il corpo non inganna mai, mentre con le parole si può dire tutto: la danza ha una funzione di verità nella comunicazione tra gli esseri umani e quindi tra le generazioni, in particolare in questo momento storico dove la comunicazione verbale e la comunicazione delle immagini si sostituiscono radicalmente al corpo che è negato.
È in grado di esprimere la vera essenza dell’individuo: aspetto fondamentale per i bambini e i ragazzi che attraverso uno spettacolo di danza o teatro-danza sviluppano una percezione altra del mondo e della vita in una dimensione altamente simbolica e immaginifica. In particolare, le produzioni per la primissima infanzia attingono molto al movimento e al linguaggio simbolico del corpo, così come alcune produzioni per adolescenti si avvalgono della simbologia dei gesti e dei movimenti per parlare del loro mondo.
Concilia armonicamente lo sviluppo motorio con quello espressivo ed emozionale: anche dal punto di vista del fare Teatro con i ragazzi la danza rappresenta per questo un linguaggio estremamente efficace. Pensiamo a quanti spettacoli di ragazzi nelle scuole utilizzano il movimento ed il gesto come elemento drammaturgico: forse perché più immediato del testo e della parola? Forse perché meglio esprime le loro emozioni e sguardi sulla vita?
Strumento di comunicazione e relazione con significati educativi, sociali e politici: questo elemento riguarda la funzione sociale e politica del corpo nella società attuale che lo nega o lo esalta fino allo sfinimento in modo violento, egocentrico, fine a se stesso o come mezzo di potere, più che come soggetto di relazione ed espressione delle emozioni, un corpo sezionato e separato dall’anima (vd Galimberti). Quindi negando il corpo si nega la possibilità di esprimersi profondamente con un maggior controllo delle persone e della società. Questo rappresenta per i bambini e per i ragazzi costretti attualmente nei banchi a stare fermi e a non potersi toccare una forma, anche se involontaria, di abuso di potere. Nella scuola la danza è intesa come ginnastica, nei migliori dei casi si parla di balletto se forma d’arte sconosciuta. Il Teatro Ragazzi dovrebbe perciò avere il compito di portarla all’attenzione come una forma artistica la cui funzione espressiva e comunicativa è universale e indispensabile.
Teatro-danza può essere definito come perfetta sintesi di linguaggi espressivi: la danza è la forma artistica multimediale per eccellenza. I danzattori, nelle produzioni migliori rivolte ai ragazzi hanno saputo esaltare questo aspetto multimediale (in particolare nel nord Europa) attraverso un lavoro di ricerca drammaturgica sulla danza partendo da un’urgenza interiore e da messaggi importanti da veicolare. I temi forti e importanti scelti per i piccoli e per gli adolescenti spesso toccano anche gli adulti come educatori arrivando al cuore degli spettatori con la drammaturgia che il miglior Teatro-Danza sa realizzare.
Pensando a Pina Bausch, maestra in tutto, e mescolando le parole che definiscono il termine DANZA possiamo dire che: La danza è come un moto incalzante, un ondeggiamento, una successione variata di immagini, di idee, di desideri, come un bel corteggiamento in certe specie di uccelli o nello scambio di informazioni tra le api sulle fonti di un cibo.
Per chiudere con un aneddoto: quando si propone ad una scuola uno spettacolo o un progetto di danza il dirigente scolastico abitualmente risponde: “Molto interessante, lo possiamo proporre all’insegnante di motoria o ginnastica”.
DANZATORE
DATA
DEDICATO
DELIRIO
DIALOGO
Dal lat. dialŏgus, gr. διάλογος, “conversare, discorrere”.
Discorso, colloquio fra due o più persone.
Capacità di comunicazione e di comprensione reciproca.
La parte di uno scritto e, più spesso, di un’opera scenica, narrativa, o di un film, in cui sono introdotti a parlare due o più personaggi.
Componimento o trattato in cui, invece della forma espositiva o narrativa, è usata la forma dialogica.
In musica: Componimento per due o più voci accompagnate, tendenzialmente drammatico (talvolta eseguito sulle scene), su testo religioso o profano, in forme varie, coltivato specialmente nel sec. XVII.
Dalla definizione del termine dialogo si desume l’esistenza di due atti contemporanei: il dire e l’ascoltare.
Questo accade in teatro durante l’esercizio delle funzioni per cui il teatro stesso esiste.
Talvolta nell’ambito del Teatro Ragazzi l’introduzione alla visione viene preceduta da un altro più breve dialogo, in cui l’organizzatore dell’incontro illustra ai propri spettatori le modalità con cui assistere a quello che si svolgerà davanti a loro dando anche altre eventuali informazioni.
La particolarità del dialogo teatrale sta nel fatto che l’oratore/trice tende a diffondersi in parole e gesti per un tempo piuttosto prolungato e l’ascoltatore/trice è chiamato/a ad un esercizio di grande attenzione e, talvolta, pazienza, per tutto questo tempo. Questa modalità non trova altrettanta applicazione nella vita quotidiana in assenza di un palco e di una platea.
Al termine di questo viaggio nel dialogo si arriva ad una forma di espressione specifica del luogo, l’applauso, altre volte si giunge ad un silenzio che si prolunga in modo auspicabilmente grato.
DIBATTITO
DIDATTICA
DIDATTICO
DIETRO LE QUINTE
DIFFICILE
DIMINUTIVO
DISTRAZIONE
DIVERSITÀ
DIVERTENTE
DIVERTIMENTO
DIVERTIRE
DOCENTI
DOMENICALE
DOPPIA (REPLICA)
Dóppio/a agg. [lat. dŭplus, dal tema di duo «due»]. – 1. a. Che è due volte tanto, che è due volte la grandezza o la quantità considerata come base o come normale: ricevere d. paga; fare d. fatica; avere d. razione; prendere d. dose; un caffè d., un d. whisky; assumere un numero d. di operai; stoffa a d. altezza, ecc.; in pubblicazioni periodiche, numero d. o fascicolo d., che ha mole doppia di quella consueta e rappresenta perciò due numeri o due fascicoli. Anche come primo elemento di termini composti, per indicare determinate misure: doppio litro, doppio centimetro.
Nel teatro ragazzi indica la realizzazione dello spettacolo per due volte nell’arco della stessa giornata. Può essere la “doppia” nella stessa mattina, o la “doppia” una replica al mattino e una al pomeriggio. Questa divisione e ripetizione dello stesso spettacolo, avviene sostanzialmente per accontentare tutte le richieste di partecipazione allo spettacolo da parte del giovane pubblico. Si verifica quindi in caso di overbooking.
In alcuni casi ospitare una “doppia” replica consente al teatro di abbattere i costi relativi allo spettacolo.
DRAMMATIZZAZIONE
DRAMMATURGIA
E
ECCITAZIONE
EDUCATIVO
EDUCAZIONE
ELEGANZA
EMOZIONANTE
EMOZIONE
EMPATIA
ENTUSIASMO
L’etimologia di questa parola (dal greco: en dentro thèos dio – “il dio dentro”) ci porta alle radici di una condizione in cui si trovava chi era pervaso da una forza divina.
Viene anche associato alla follia e al fanatismo per arrivare alla prima definizione laica, attribuita a Kant, che fa dell’entusiasmo uno stato di eccitazione, di commozione, un sentimento di appassionato interesse.
“Il dio dentro” lascia spazio alla dimensione creativa che, nell’atto teatrale, unisce l’attore allo spettatore. Accendere l’entusiasmo, suscitare entusiasmo nei bambini e nelle bambine, negli spettatori e nelle spettatrici, insieme alla curiosità e alla meraviglia, per scoprire e conoscere il mondo.
Reazione all’atto creativo teatrale che si può esprimere con risa, sorrisi, ma anche malinconia.
Può avere a che fare anche con l’indicibile, con qualcosa di talmente intenso ed emozionante che non si riesce a raccontare.
È spesso una condizione dell’infanzia. È un invito agli adulti a farsi trascinare dall’entusiasmo dei bambini e delle bambine.
EQUILIBRISMO
ESIGENZA
ESPERIENZA
ESPLORAZIONE
ESTERO
ETÀ
ETICA
EVOCAZIONE
F
FACILE
FAMIGLIA
L’etimologia della parola famiglia è da ricondursi al termine osco – lingua parlata dagli Osci, una popolazione italica antica del Sannio, a sud del Lazio – faama = casa, da cui il latino famul e famulus, cioè famiglio, servitore. Famīlia, è l’insieme dei famŭli (moglie, figli, servi e schiavi del pater familias, sottomessi al volere del capo della gens).
I membri della casa uniti per legami di sangue parentela, affinità.
Proverbio “Chi vuol bella famiglia cominci con la figlia” detto per consolare chi ha per primogenito una femmina.
Nucleo fondamentale della società umana formato da genitori e figli e aventi discendenti comuni, elemento fondante di ogni società essendo primariamente finalizzata alla perpetuazione della specie.
Nella classificazione zoologica e botanica, insieme di animali e piante affini e/o simili
Aggruppamento di cose anche immateriali: musica (F. degli archi, dei legni), matematica (f. delle coniche), tipografia (f. dei caratteri)
Gergo malavitoso
La famiglia è il referente dei cartelloni, solitamente proposti il sabato o la domenica, definiti “Teatro per le famiglie”. Gli adulti della famiglia (genitori, nonni, zii, …) scelgono per conto del pubblico al quale gli spettacoli sono destinati. Spesso entrano in contatto con il teatro ragazzi quando i bambini sono piccoli ma, intorno ai 7/8 anni del bambino, abbandonano quest’abitudine per impegni ritenuto più importanti (quali, fra gli altri, catechismo, sport e scoutismo che solitamente prevedono impegni al sabato o alla domenica).
É fondamentale, oltre alla qualità degli spettacoli proposti, l’accoglienza che i componenti della famiglia riceveranno in teatro: il piacere di tornare e quindi di poter vedere altri spettacoli dipende molto dall’ambiente teatrale.
Spesso la famiglia, attraverso l’accompagnare il giovane spettatore, entra in contatto per la prima volta con il teatro: va quindi sostenuta, accompagnata ed accolta col massimo dell’attenzione. Si rimanda alla parola CURA.
Molti adulti sono incapaci di educare i bambini alla visione, perché impauriti di fronti alle reazioni di questi ultimi che spesso non riescono a controllare e a gestire.
Quando adulto porta un minore a teatro o al cinema, in visita a un museo o a una città d’arte; quando regala un libro o un cd, quando vieta o favorisce la visione di un programma tv, assume funzione e responsabilità di “mediatori culturali”. Che cosa li spinge, quali obiettivi si prefiggono? Quali criteri guidano le scelte e a quale grado di consapevolezza? A partire da queste domande si avvia una riflessione sul ruolo complesso dell’adulto che accompagna, indirizza e propone oggetti ed esperienze di cultura. Vedi anche INSEGNANTE.
Un gesto ed una frase “magica” da ripetere tutti insieme, crea il coinvolgimento e la complicità fra grandi e piccoli spettatori prima dell’inizio dello spettacolo. La ritualità, è uno dei modi per creare l’aspettativa, per sedare il naturale cicaleccio e per concentrare l’attenzione su quanto sta per accadere. A detta di alcuni genitori, tale ritualità è stata utilizzata anche in altri momenti della vita, suscitando uguale attenzione … e alla bisogna “sedazione”!
“Queste domeniche a teatro sono diventate un appuntamento fisso… è così bello girare per i nostri teatri”
Un babbo: “io rimango fuori tanto entra con la mamma!”
Genitori: “possono mangiare durante lo spettacolo vero?”
Genitori arrivano in biglietteria in ritardo, all’informazione che lo spettacolo è iniziato, rispondono “Ma non importa tanto “lui” (o lei) si diverte lo stesso!”
Genitori: “ma lo spettacolo è adatto per i bambini?”
FANTASIA
FAVOLE
FESTA
FIABE
FIGURA
FINANZIAMENTI
FORMAZIONE
FREQUENZA
FRONTIERA
Dal provenz. ant. frontiera, fr. ant. frontiere, der. del lat. frons frontis “fronte”.
Linea di confine (o anche, spesso, zona di confine, concepita come una stretta striscia di territorio che sta a ridosso del confine), soprattutto in quanto ufficialmente delimitata e riconosciuta, e dotata, in più casi, di opportuni sistemi difensivi.
Limite tra due, conflitto fra diversi, luogo di lotta, luogo di confine tra mondi, età e differenti e il luogo dell’estremo.
Il punto di incontro tra diversità. Noto e ignoto. È un luogo che il teatro esplora, l’artista cerca di stare in questo limbo.
È il luogo tempo della scelta. È il limite da scavalcare. Essere pronti a passarla. È un obiettivo, una meta verso cui ti prepari ad andare. È un modo di stare al mondo, di guardare il mondo. È un luogo scomodo, difficile.
FURGONE
Di etimo incerto, dal fr. fourgon, prob. metonimia di fourgon “asta di ferro forcata” di cui il veicolo era munito; ma anche dal tedesco Fhur -wagen, composto da Fhure (conduco, trasporto) e Wagen (carro). Un’altra teoria la fa derivare, invece, dal turco furgon e dall’arabo levantino farkūn, carro per merci.
Veicolo interamente coperto, usato per il trasporto di merci, bagagli, ecc. Oggi è termine comunemente usato per indicare l’autofurgone.
Autoveicolo di dimensioni variabili, utilizzato per il trasporto di materiale tecnico (cavi, proiettori, dimmer…), scenografie e talvolta persone (artisti: non nello stesso luogo del materiale). Solitamente guidato da un tecnico, ma non solo. Indispensabile per le compagnie più grandi, e mito da raggiungere per le piccole: averlo significa essere una compagnia che gira con più spettacoli.
Luogo magico deputato alla custodia di oggetti introvabili e/o smarriti (“dev’essere sul furgone” “Hai guardato sul furgone?”)
G
GENERAZIONI
Generazione (pl.: generazioni)
Etimologia: dal lat. generatiōne(m), deriv. di generāre “generare”.
SIGNIFICATI:
1. Il generare; il processo per cui gli esseri viventi si riproducono, dando vita ad altri individui della stessa specie: la generazione dell’uomo, degli animali, delle piante, ecc.
2. Insieme di individui che hanno pressappoco la stessa età o vivono nella stessa epoca.
3. Il periodo di tempo di circa 25 anni che intercorre tra due generazioni successive: due generazioni fa.
4. Insieme di persone che, all’interno di un gruppo familiare, hanno lo stesso grado di discendenza.
La parola GENERAZIONI riferita al Teatro Ragazzi conduce al significato e all’immagine di uno spazio comune, uno spazio di crescita reciproca e di incontro tra emozioni traversali. Il teatro è per sua natura un luogo sociale, uno spazio aperto alla collettività e da essa contaminato e permeato. Nel Teatro Ragazzi si realizza un incontro, si apre una possibilità e occasione di costruire ponti, connessioni e contatti tra le generazioni. La parola generazione/generazioni porta dentro di sé due concetti: il futuro che il verbo generare rappresenta e allo stesso tempo la presenza della radice. Si può rappresentare la parola GENERAZIONI con l’immagine dell’albero, le radici come l’origine-partenza e i rami e le foglie come lo sviluppo nel tempo. La parola analizzata non è infatti statica ma è in movimento, scambio e sviluppo continuo. GENERAZIONI, infatti, ha due aspetti fondanti al suo interno: il generare e le azioni.
Next generation è uno dei termini più gettonati negli ambiti sociali, economici e culturali di questo momento storico e paradossalmente sembra che più si evochi la parola generazioni e meno azioni vengano attuate per un vero ricambio generazionale. Ecco che il Teatro Ragazzi, per eccellenza settore dello spettacolo dal vivo che si confronta con le nuove generazioni, necessiterebbe più che mai che si compiano ora delle reali e concrete azioni a favore del cambio generazionale. Sarebbe necessario per compiere delle possibili azioni un ascolto e una condivisione reciproca di esperienze, di capacità individuali (percorsi personali artistici e organizzativi) e collettive (compagnie, istituzioni, teatri privati, ecc.) dove ognuno possa mettere a disposizione dell’altro i propri strumenti e conoscenze per la Generazione e per lo sviluppo di un immaginato Albero dalle radici profonde e rami rigogliosi.
GENDER
GENITORI
GESTO
GIOCO
GIOIA
GIOVANI
GRATIS
Forma abbreviata di gratiis, plurale di gratia (favore, benevolenza).
Senza far pagare nulla, senza pretendere nulla in cambio.
Assoluto disinteresse al fine di far qualcosa gradita, onorevole e vantaggiosa ad alcuno.
Virtù, attitudine, talento, predisposizione naturale.
Senza pagare o senza ricevere compenso; gratuitamente. Espressione latina che vale “gratuitamente e per amore di Dio”. Usata per lo più con tono ironico.
Gratis ed amore Dei: concesso da Dio per la sua infinita bontà senza tenere conto dei meriti e delle colpe di chi ne beneficia.
Gratia è l’insieme di qualità che rendono una persona gradita alla vista, ai sensi, allo spirito.
Termine spesso rivolto a chi fa Teatro Ragazzi e a chi si occupa, più generalmente, di Cultura: “Stiamo organizzando una bella iniziativa. Se potessi venire, gratis naturalmente, a fare un tuo spettacolo, potresti avere una bella visibilità”; “Potresti mica dirmi (gratis) come costruire delle scenografie per la mia classe belle come le tue?”; ecc.
Percezione diffusa in molti ambienti che i beni immateriali non abbiano un valore e non abbiano bisogno di esperienza, fatica e competenze per essere prodotti.
Parola di molte qualità e sentimenti positivi che spesso è necessario e utile ripulire dalla polvere della negatività. Una volta ripulita diventa nobilitazione di un oggetto, di un atto, di un atteggiamento. Si riconosce in questa parola bellezza, talento, gratitudine, dono, piacere, riconoscenza.
GRUPPO
H
I
IMMAGINARIO
Immaginàrio (letter. imaginàrio) agg. e s. m. [dal lat. imaginarius, der. di imago -gĭnis “immagine”].
Che è effetto d’immaginazione, che non esiste se non nell’immaginazione e non ha fondamento nella realtà.
L’immaginario consiste nell’insieme dei mondi che possono costituire l’alternativa al mondo reale.
Si può definire come prodotto dell’immaginazione e della fantasia. Ciò che si contrappone al possibile, per il suo essere ideale, illusorio, immaginario.
Dimensione costituiva della vita mentale. La potenza del sogno, la forza del simbolo e pure la matrice dell’immagine costituiscono una specie di fantastico trascendentale di cui l’individuo non può fare a meno.
Spesso “reale” e “immaginario” si mettono in contrapposizione, opponendo in modo antinomico concretezza e astrattezza, termini positivi come vero, forza, senso, vita, a mostri, timori, illusioni, sogni, fantasie.
Se lo consideriamo come sostantivo, si parla di immaginario come prodotto di una società che costruisce le proprie rappresentazioni e narrazioni, in un insieme complesso di linguaggi mediali e artistici, di immagini, ricordi, miti, leggende e racconti, patrimoni simbolici, proverbi, credenze, così come stereotipi e pregiudizi.
L’immaginario si può costruire, si può trasformare all’interno di un mondo complesso. Le arti, la cultura, così come il dolore e la speranza aiutano a desiderare un mondo migliore, ad immaginare qualcosa che si vorrebbe per la propria felicità e per quella delle comunità che abitiamo. Per progettare, per trasformare è necessario immaginare quello che ancora non c’è.
L’immaginario, che è effetto dell’immaginazione, prodotto della fantasia, della creatività e dell’invenzione, nasce dalle relazioni che il pensiero fa con ciò che conosce (così ci insegna Bruno Munari, nella “Fantasia”). Più possibilità avremo di fare relazioni, di mettere in connessione, più avremo possibilità di pensare a cose nuove.
IMPARARE
IMPROVVISAZIONE
INCANTO
INCONTRO
Natura etimologica: in (rafforzativo) contra fronte a, verso (stare).
L’incontro è la relazione che si instaura tra due o più corpi, nella loro massima sensorialità, partecipanti all’attività di teatro ragazzi.
La vitalità dell’incontro si può misurare nel respiro dei partecipanti.
Il respiro dei bambini in platea che stanno col fiato sospeso.
Il respiro dell’attore sul palco, nell’affanno di un salto o nell’aria trattenuta nel silenzio di una pausa.
Il respiro di una platea che ride.
Il respiro nella voce di un gruppo di ragazzi in un laboratorio di teatro a scuola.
Il respiro comune di culture differenti.
Il respiro dei colleghi con cui si prepara lo spettacolo.
Il respiro comune di età differenti.
INDIVIDUO
INFANZIA
L’origine della parola infanzia si collega al verbo fari che nel latino arcaico aveva il valore di parlare in senso pieno, solenne. In latino il prefisso in indica la negazione, e chi non è in grado di parlare è appunto in-fans, o in-fante in italiano.
Definizione Treccani: Infànzia s. f. dal lat. infantia, der. di infans -antis “infante”.
1. a. La prima età dell’uomo, che in passato, in senso generico, si faceva giungere sino all’acquisizione dell’uso completo della parola, e oggi comunemente si fa partire dalla fine del periodo neonatale e si divide in prima infanzia (primi due anni), seconda infanzia (dai 2 ai 6 anni), terza infanzia (dai 6 anni all’inizio dello sviluppo puberale)
2. fig. I primi tempi dello sviluppo, le prime prove ancora immature di una civiltà, di un’arte, ecc.: l’infanzia dell’umanità; l’infanzia della poesia, della pittura; l’infanzia di una lingua.
L’Infanzia nel Teatro Ragazzi è un centro propulsore di vitalità e creatività. Lavorare con l’Infanzia significa realizzare un percorso (un teatro) concreto e vivo, i bambini vivono quello che vedono e quello ascoltano, vivono la fiaba che viene raccontata loro, così come vivono lo spettacolo teatrale a cui assistono. Gianni Rodari si chiedeva come poter fare un buon uso delle proprie idee ed esperienze senza trasmettere contenuti precostituiti, senza cioè usare il divario di esperienza (e di forza e di autorità) contro i bambini, in altre parole come mettere le proprie esperienze al servizio del bambino anziché renderlo un consumatore di idee “già cotte”. La loro immaginazione, libera da sovrastrutture che li accompagna verso una visione pura e non condizionata e il loro approccio fattivo e concreto a ciò che li circonda fa sì che nel teatro convivano le due modalità in stretta connessione: immaginazione e vita in costante dialogo. Per questo il Teatro Ragazzi si nutre di attualità ed è da essa permeato, proprio per questa vocazione alla realtà. Da ciò emerge anche la valenza educativa e formativa del Teatro Ragazzi, al fianco di quella immaginifica: stare nella realtà e nella vita significa anche cercare di dotare i bambini di strumenti per comprenderla ed affrontarla. Ricordando il pensiero di Rodari, possiamo ribadire come rivendicasse sempre il ruolo della fantasia e dell’immaginazione nei processi di apprendimento. Non sono fantasticherie o fughe dalla realtà, ma piuttosto un modo di osservarla criticamente. Anche il maestro Manzi ha fondato la sua visione di infanzia sul diritto all’agire, al manipolare, all’esprimersi, ad avere un contatto diretto con la realtà per tutte le bambine e i bambini. “Tutto questo è essenziale – concludeva Manzi – per non offrire una visione del mondo filtrata e manipolata: una visione di seconda mano”.
Jacques Copeau: “I bambini non pensano all’arte quando guardano l’arte, ma la accolgono come una parte naturale della vita. E allo stesso modo sono abituati a giocare e a usare la logica del gioco anche quando guardano il teatro o la danza”.
INSEGNANTE
Dal latino insignare composto dal prefisso “in” unito al verbo “signare”, con il significato di segnare, imprimere e che a sua volta riconduce al sostantivo “signum”, che significa marchio, sigillo.
Chi si dedica all’insegnamento, chi esercita la professione di insegnare. L’attività dell’insegnante, lungi dal limitarsi alla trasmissione del sapere fine a se stesso, consiste nel “segnare” la mente dello studente, lasciando impresso un metodo di approccio allo studio e aiutandolo a sviluppare il senso critico.
L’insegnante non trasmette solo il sapere, ma DEVE risvegliare l’interesse nei ragazzi ed essere un abile costruttore di relazioni, puntando sulla “qualità” della relazione che significa prendersi cura della conoscenza, dell’imparare a ragionare insieme utilizzando il contributo di tutti, stimolando capacità critiche e creative, in cui ognuno si mette in gioco con le proprie competenze. Si rimanda alla parola CURA.
Esiste di solito nelle scuole “l’insegnante addetto alle attività culturali” che spesso è un appassionato di Teatro e che desidera quindi dare ai propri alunni l’opportunità di conoscere lo spettacolo dal vivo. A volte invece si tratta di coordinatori che scelgono lo spettacolo perché in linea con il programma o per il tema trattato e poi però i ragazzi vengono accompagnati a Teatro dalla “collega”. In ogni caso l’insegnante è il referente principale per la scelta degli spettacoli, all’interno del cartellone proposto alle scuole ed è fondamentale sia per la comprensione dell’importanza del teatro in sé, sia per la ricaduta del contenuto dello spettacolo sugli spettatori.
Si nota da parte di molti insegnanti (quasi sempre “colleghi” di chi ha scelto lo spettacolo) un atteggiamento che denota mancanza di interesse e di rispetto per il lavoro (spesso non considerato tale) degli artisti (telefonini accesi, uscita dalla sala durante lo spettacolo per il cambio dell’ora) e del teatro in sé (dimenticanza della prenotazione, punire la scolaresca non portandola allo spettacolo e non pagando il biglietto prenotato). Questo fa sì che salti il “patto educativo” fra le componenti scolastiche: fra di esse anche il Teatro.
Negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso molti insegnanti sono stati co-creatori della nascita del teatroragazzi insieme agli artisti, per la disponibilità a mettersi essi stessi in gioco e comprendendone l’importanza e la necessità per la crescita dei giovani e giovanissimi. Purtroppo ben poco delle esperienze vissute è stato trasmesso agli insegnanti della generazione presente, così che oggi spesso il lavoro di educazione al teatro fatto in precedenza, che si poteva ipotizzare dato per assodato, sembra risultare in gran parte perduto.
Dalla fine del decennio appena trascorso, si rileva da parte degli insegnanti un affaticamento dovuto alle pastoie burocratiche che comporta l’uscita a Teatro e che non tutti si sentono di affrontare anche per la grande responsabilità loro addossata riguardo al trasferimento degli alunni fuori dalla scuola. Per molti alunni, la scuola è l’unico tramite per far conoscenza con il Teatro e molti, in questo modo, non ne avranno mai la possibilità.
Una classica telefonata all’inizio dell’anno scolastico, dopo avere inviato agli insegnanti le proposte degli spettacoli da parte dell’organizzatore: “Buongiorno sono una scuola, vorrei fissare un teatro”. Tradotto in altri termini significa “Buongiorno sono un insegnante, vorrei prenotare uno spettacolo”.
Durante uno spettacolo con più attori, un’insegnante si alza dal suo posto e si porta vicino al palcoscenico, accanto ad un’attrice, seduta a terra in silenzio. La responsabile di sala si avvicina e si accorge che l’insegnante sta domandando all’attrice dove si potessero acquistare alcuni oggetti facenti parte della scenografia. Mentre viene riaccompagnata al posto, la signora candidamente dice di non avere assolutamente pensato di avere disturbato, in quanto l’attrice non stava parlando né facendo nulla!
Insegnante che esce dalla sala all’inizio dello spettacolo. Quando le viene detto che lo spettacolo sta iniziando le risposte possono essere: “Non si preoccupi: i ragazzi sono bravissimi”, “Prendo un caffè e torno subito”, “ C’è la collega dentro: io sono di matematica (disegno, educazione fisica,..)”
“Scusi ma dov’è la fila zero? (al Teatro le file delle poltrone sono tutte contrassegnate dalle lettere dell’alfabeto)”
“Scusi, volevo avvertire che io alle 11 dovrò andare via e al mio posto verrà “la collega”.”
“Scusi, durante lo spettacolo in sala resterà “la collega” mentre io devo correggere i compiti.”
Insegnante nel foyer si rivolge alle maschere e all’organizzatore: “adesso pensateci VOI io non ne posso più!!!”
Insegnante che si dimentica di portarli a teatro al mattino, non telefona, e quando viene contattata risponde: “mi dispiace ma abbiamo talmente tante cose da fare che ci siamo dimenticati”
INTERATTIVO
INTERAZIONE
INTERGENERAZIONALITÀ
INTRATTENIMENTO
ISTITUZIONI
ITALIA
J
K
L
LABORATORIO
LAVORO
LINGUAGGIO
LITURGIA
Dal greco LEITOURGHIA ovvero azione per il popolo: esercizio gratuito di uffici di pubblica utilità (feste religiose, giochi, preparazioni militari…) ai quali dovevano provvedere a turno i cittadini più facoltosi. Successivamente diventa il servizio che si deve rendere agli dei o a dio.
Complesso dei riti e delle cerimonie che caratterizzano un culto religioso pubblico.
L’insieme delle norme e delle prescrizioni che si riferiscono a questi riti o cerimonie.
Serie di gesti o parole che si ripetono abitualmente. Rituale.
Modo abituale di comportarsi in determinate circostanze o ambienti, consuetudine, procedura, prassi.
Insieme di tutte quelle attenzioni rituali che accompagnano uno spettacolo o un progetto teatrale: l’accoglienza dei bambini e dei ragazzi, la predisposizione dello spazio teatrale, un linguaggio per entrare realmente in relazione col pubblico e che crei una comunità di persone, consapevolezza della propria responsabilità attorale e organizzativa. Nel Teatro Ragazzi tanto più importante in quanto i destinatari entrano in teatro senza, il più delle volte, conoscerne le liturgie. In teatro sono abitudini accoglienti e rassicuranti per i bambini che permettono loro anche di gestire paure, emozioni e stati d’animo.
LUDICO
M
MAESTRE (CFR. INSEGNANTI)
MAGIA
MARIONETTE
MASCHERA
MATRIOSKA
MEMORIA
MERAVIGLIA
Dal latino mirabilia, cose meravigliose.
…Che destano l’ammirazione e lo stupore. Nuove, grandiose, perfette, insolite.
Nel teatro ragazzi la meraviglia è creata dall’umano anche senza i suoi artefatti, che ne possono altresì aumentare la portata.
La meraviglia, indotta e attesa, è sempre relativa all’esperienza delle persone presenti, alla loro storia, alle loro aspettative: ciò che meraviglia una persona potrebbe non stupire un’altra. Tanto più l’inaspettato è condiviso, tanto più la meraviglia si diffonderà nell’incontro.
Nel teatro ragazzi tante e tali sono le forme della meraviglia che ne basta ricordare una: il passaggio tra luce e buio nel luogo dello spettacolo, nell’istante in cui tutto inizia.
METAFORA
MISCUGLIO
MONTAGGIO
Dal fr. montage, derivazione di monter montare.
Insieme di operazioni necessarie per collegare, fissare o unire fra loro i diversi elementi costitutivi di una macchina, di una struttura, ecc.
Nel modellismo, scatola che contiene, già tagliati e sagomati, tutti i pezzi necessari per la costruzione, nella scala prestabilita, del modello (di nave, aeromobile, autoveicolo, ecc.) prescelto.
Molto meno famoso del “montaggio cinematografico” il “montaggio”, in teatro, è l’operazione con cui si predispongono nello spazio scenico tutte le cose (scenografie, oggetti, costumi, strumenti tecnici, ecc.) per fare uno spettacolo.
Nel Teatro Ragazzi avviene spesso in strani orari: il mattino alle 7 per la replica scolastica delle 10, la sera prima del giorno della replica (se la sala non è anche un cinema che ha una programmazione serale), la domenica alle 11 per la replica per famiglie del pomeriggio, ecc.
Spesso, nel Teatro Ragazzi lo spettacolo viene pensato anche in funzione della sua versatilità e adattabilità alle situazioni più varie.
Esempio tipico è montare lo spettacolo nell’atrio d’ingresso di una scuola dell’infanzia, durante l’ingresso di bambini e genitori. Cercando di non mettere una piantana delle luci davanti all’armadietto con la foto del bambino Pietro che, sicuramente, arriverà e dovrà mettersi le pantofole ivi contenute.
Il “montaggio” (unitamente allo speculare “smontaggio”) è spesso una delle occupazioni principali di chi fa Teatro Ragazzi. In mezzo, tra le due operazioni, sta lo spettacolo.
Il “montaggio” ( e lo “smontaggio”) sono tutt’uno con lo spettacolo, uno degli elementi fondamentali della sua artigianalità. Quel mondo di elementi concreti, contenuti in quella scatola di montaggio chiamata “furgone”, senza i quali non esisterebbero i sogni.
MOVIMENTO
MULTIDISCIPLINARIETÀ
MULTIMEDIALITÀ
MUSICA
MUSICISTA
N
NARRATORE
NARRAZIONE
NON OSCURABILITÀ
NUTRIMENTO
La parola deriva dal latino e si riferisce a stillare, come il latte dal seno materno.
Il nutrimento del teatro ragazzi è per il cuore.
Gli ingredienti principali di un incontro di teatro ragazzi sono le emozioni.
Impastate, cesellate, mosse a piene mani, preparate insieme, cotte o consumate crude, le emozioni sono il cibo e la materia dell’impasto.
Insieme, si mangia.
Come a tavola, alcune cose piaceranno, altre no. L’affinamento del palato avviene per esperienza.
Il teatro ragazzi nutre con gusto.
O
OMINO DEL TEATRO
ONIRICO
ORGANIZZATORE
ORIZZONTE
P
PAGLIACCI
PALCOSCENICO
PALESTRA
PARTECIPAZIONE
PARTITURA
Letteralmente ed etimologicamente Insieme di parti.
Notazione complessiva delle parti, vocali e strumentali, che si concertano in un pezzo di musica, presentata in modo che l’occhio possa rendersi conto immediatamente di quanti e quali suoni si componga l’impasto sinfonico.
I Ragazzi e i Bambini, soprattutto quelli più piccoli, è come chiedessero allo spettacolo di non essere un semplice Testo Letterario ma una vera e propria Partitura di Emozioni; sul cui rigo (e nella testa e nel cuore di chi fa) sono idealmente annotate tutte le componenti che concorrono all’esperienza teatrale: attoralità, movimento, testo, elementi sonori, elementi scenici, ritmo, ecc., fusi insieme a comporre un unico concerto. I bambini è come chiedessero al teatro di essere consapevole di essere un’esperienza totale e globale.
PASSIONE
PATRIMONIO
PEDAGOGIA
PEDAGOGICO
PENNELLATA
PER – CON – DEI (Ragazzi)
PERCORSO
Part. pass. di percorrere.
Spostamento da un luogo a un altro.
Compiere un percorso. Durante il percorso.
Cammino, tragitto, viaggio.
Tratto che si percorre per spostarsi da un luogo a un altro.
Partendo dalla definizione del vocabolario, “Percorso” indica il compiere uno spostamento da un luogo all’altro, un determinato tragitto, un processo di graduale trasformazione ed evoluzione.
Le diverse fasi che compongono la fruizione dello spettacolo teatrale possono essere sintetizzate in: preparazione, visione, confronto. Vissute attivamente dallo spettatore al quale è dedicato il lavoro.
Nell’attività laboratoriale: aspetto fondamentale dell’azione di formazione grazie all’acquisizione di competenze, evoluzione e crescita.
Di prioritario interesse rispetto all’eventuale esito finale.
PERDERSI
PERFORMATIVITÀ
PIANGERE
PIAZZA
PICCOLI
PICCOLO
POESIA
POETICA
POLIFONIA
POLITICA
POPOLARE
Del popolo, che concerne il popolo.
Che è diffuso tra il popolo.
Che incontra il gusto del popolo. Che è notissimo alla gente.
Che è riferito al popolo, inteso sia come collettività dei cittadini, senza distinzione di classi sociali, sia come insieme delle classi sociali meno elevate, socialmente e culturalmente svantaggiate.
In età comunale, che appartiene al popolo inteso come ceto sociale intermedio fra quello elevato della nobiltà e dell’alta borghesia e quello inferiore della plebe.
“Popolare”, non “Popolaresco”.
Una delle utopie fondanti di molto teatro. Anche del Teatro Ragazzi.
Dell’ambiguità di questa parola vogliamo tenere l’idea democratica e poetica che la attraversa. Quella di un Teatro che non sta chiuso in un recinto ma, a partire da una relazione chiara con bambini e ragazzi, valica il proprio presunto confine e si fa universale. Come le emozioni e i linguaggi che usa.
“Popolare” come una cinghia di trasmissione che collega chi si dedica a questo teatro, al proprio pubblico di riferimento. E produce poetiche, sogni e visioni che toccano e parlano a tutti: ai bambini, ai ragazzi, ai giovani, ai genitori, agli insegnanti. A chi, a teatro, non ci è mai andato e si trova a scoprirlo come cosa che gli/le appartiene. Che gli/le è sempre appartenuta. Come una nostalgia e un bisogno di cui non conosceva l’esistenza.
PORTE
POSSIBILITÀ
POTARE
PRESENZA
PROFONDITÀ
PROGETTO
PROGRAMMA
Dal lat. tardo programma -mătis, di derivazione greca: prográphō “scrivo prima”.
Progetto dettagliato di quanto si intende fare. Nella scuola: linee guida a cui devono uniformarsi i docenti nel loro insegnamento. In arte, cinematografia, musica, teatro: elenco degli spettacoli che verranno presentati in un determinato periodo di tempo o in rapporto a una determinata iniziativa; l’opuscolo che lo illustra.
Significato nel Teatro Ragazzi: lavoro di costruzione di un elenco di spettacoli e delle relative date definito dalla figura professionale del Programmatore.
Il programma spesso viene definito in collaborazione con altri programmatori, al fine di ottimizzare la presenza dei singoli spettacoli in riferimento alla tournée degli artisti ed al contenimento dei costi. Raramente i programmi si intersecano palesemente, al fine di creare un cartellone più ampio che comprenda stessi spettacoli proposti in teatri locati in luoghi diversi: questo per il timore di creare competitività e perdere eventuali spettatori.
Vedi anche CALENDARIO, PROGRAMMATORE.
PROGRAMMA (SCOLASTICO)
PROGRAMMARE
PROGRAMMATORE
Dal verbo programmare.
Chi elabora o prepara un programma, spec. nell’ambito amministrativo o politico. In informatica, chi è incaricato della stesura dei programmi per calcolatori.
Significato nel Teatro Ragazzi: figura professionale che, grazie alla competenza acquisita dalla visione plurima di spettacoli teatrali, è in grado di stilare l’elenco degli stessi più adatti al pubblico al quale si rivolge. Tale figura non sempre è riconosciuta come professionale, soprattutto dalle strutture che erogano i fondi destinati alla costruzione del cartellone teatrale.
Spesso il programmatore funge anche da referente del teatro nel quale è programmato lo spettacolo, occupandosi – oltre che dell’organizzazione burocratica – anche dell’accoglienza degli artisti, dell’organizzazione delle componenti per il montaggio e smontaggio dello spettacolo, dell’accoglienza degli spettatori; talvolta anche dello sbigliettamento, accorpando in sé le funzioni di responsabile tecnico, amministrativo, maschera, ecc.
PUBBLICO
PUPAZZI
Q
QUALITÀ
QUANTO BASTA
R
RACCONTI
RADICI
RAGAZZI
RAPPRESENTAZIONE
RECITA
REGISTA
RELAZIONE
REPLICA
RETE
RICERCA
RIDERE
RIGORE
RITMO
RITO
RITROVARSI
S
SCARIFICARE
Scarificare v. tr. dal lat. tardo scarificare, lat. class. scarifare, dal gr. σκαριϕάεσϑαι “incidere” (io scarìfico, tu scarìfichi, ecc.).
1. In medicina, scalfire leggermente gli strati superficiali della cute o di una mucosa.
2. estens. a. in arboricoltura, incidere la corteccia di un albero, perché ne sgorghi la linfa. b. in agraria, rompere il terreno per favorire l’immagazzinamento dell’acqua e distruggere le malerbe. c. nelle costruzioni stradali, rompere un terreno, demolire una massicciata stradale per mezzo dello scarificatore.
Termine evocativo che parte da livelli terreni ma ha un forte valore metaforico.
È un rito iniziatico.
È sempre un atto di conoscenza.
Andare in profondità.
Andare oltre.
Far venire fuori quello che non è immediatamente visibile.
Rompere la superficie per far venire fuori altro.
Rompere il visibile per far accadere qualcosa, per far rinascere altro.
Creare lo spazio e l’occasione per far nascere qualcosa che ancora non c’è.
Togliere il rigido e il convenzionale per andare ad esplorare il nuovo possibile.
Azione dinamica che apre livelli di lettura.
È un atto bilaterale di chi ce e di chi guarda.
È un atto di fiducia, lasci la possibilità che qualcuno entri nella creazione o a vicenda nel tuo immaginario.
Evoca subito un’azione concreta e un’immagine di corpo in azione che crea.
È l’atto teatrale in sé è atto di presenza.
Se lo spettatore lo agisce manifesta la sua presenza.
Parola ricca con più livelli di significato.
SCAVARE
Dal latino ex cavare ossia “rendere cavo”
SIGNIFICATO:
1. rendere cavo, vuoto
2. indagare, studiare a fondo
3. Trovare, escogitare
4. In senso figurato: approfondire, rinvenire dei ricordi, indagare
Produrre spettacoli di Teatro Ragazzi vuol dire tener conto di questa funzione che il teatro svolge.
SCAVARE: in fondo all’animo, nel profondo delle emozioni; riportare alla luce desideri, pensieri, paure; (per chi scava) accettare di mettersi in discussione, far emergere conflitti, dubbi, incertezze.
Analizzare profondamente le necessità del pubblico al quale ci si rivolge, al fine della creazione dello spettacolo teatrale. Scavare e indagare tra i vari linguaggi, tecniche, esigenze del pubblico a cui è rivolto; sulla psicologia, gli atteggiamenti, i desideri del bambino/ adolescente per far sì che quanto accadrà sulla scena sia congruo con gli stessi. Trovare i mezzi espressivi e le metafore più adatte perché nella messa in scena e nei personaggi gli spettatori possano riconoscersi/far risuonare le proprie aspettative. Comprendere quello che i ragazzi fanno difficoltà ad esprimere, quello che non vogliono mostrare: le proprie fragilità, le insicurezze e tanti non detti che spesso rimangono tali per tutta la vita. Soprattutto nel Teatro Ragazzi dedicato agli adolescenti, si deve SCAVARE, perché è un’età in cui ci si nasconde, si ha paura di mostrare la propria sensibilità. SCAVARE per SCOVARE e portare alla luce ciò che i ragazzi riescono a celare molto bene. Per SCAVARE nell’animo e nel cuore degli adolescenti servono degli “attrezzi del mestiere” da usare con perizia e delicatezza: ALLEANZA, ASCOLTO, COMPETENZA,EMPATIA, RELAZIONE,EMOZIONE, DIBATTITO. (“attrezzi del mestiere” che si possono trovare in questo vocabolario)
Non essendoci aneddoti, si aggiungere qualche cosa che alleggerisca la parola facendo riferimento a due alberi simbolici dello SCAVARE.
BAGOLARO : detto anche albero spaccasassi perché le sue radici fanno questo pur di andare in profondità. Ha un legno resistente che si usava per fare i manici : dalle zappe agli ombrelli.
NOCE: albero dal portamento maestoso, che può essere utilizzato in tutte le sue parti (legno, foglie, frutti); i suoi frutti sono buoni e necessari (mangiare 3 noci al giorno è raccomandato dai medici) e ha una radice a fittone che scende in profondità. Ci vogliono anni prima che dia frutti (come il ponderare prima di mettere in scena uno spettacolo).
SCENETTA
SCENOGRAFIA
SCAMBIO
SCINTILLA
SCOLASTICA
SCOLASTICO
SCOPERTA
SCUOLA
Stare in ozio, riposarsi, avere tempo di occuparsi di una cosa per divertimento.
Riposo da fatica corporea e quindi opportunità di ricreazione mentale o di studio.
Luogo dove si insegna e si impara arte e scienza.
A cavallo tra il 1960 e il 1970 è nella scuola che il teatro pone le radici di quel movimento culturale che negli anni si è evoluto sotto il nome di Teatro Ragazzi.
Questo legame rimane tuttora fecondo e inscindibile.
La maggior parte del pubblico degli spettacoli di Teatro Ragazzi proviene dalla scuola. Gli spettacoli e i laboratori teatrali sono programmati nell’orario di frequenza scolastica.
L’intersezione tra arte, didattica e educazione è il luogo in cui gli operatori di Teatro Ragazzi e gli insegnanti si trovano in un rapporto dialettico di osservazione e crescita.
La scuola necessaria per chi vuole fare Teatro Ragazzi (artisti, organizzatori, tecnici, …) è multiforme, spesso non codificata da un percorso riconosciuto dalle accademie e attinge i propri apprendimenti soprattutto dall’esperienza.
SERIE B
SGUARDO
SIAE
SIGNIFICATO
SIMPATICO
SISTEMA
SMONTAGGIO
Der. di smontare, sul modello del fr. démontage.
Operazione di smontare impianti, apparecchiature, ecc.
Disinstallazione, rimozione, smantellamento
Dello scomporre una struttura nei suoi elementi costitutivi.
Togliere dallo spazio scenico tutti quegli elementi scenografici e tecnici che sono stati il pretesto per costruire una relazione col pubblico.
Elementi che vanno a ri-scomporsi per tornare a dormire in un baule, in una cassa, in una custodia. In attesa di essere ri-montati in qualche altro luogo.
Nel Teatro Ragazzi chi “smonta” è spesso chi ha fatto lo spettacolo e smontare diventa un momento di decantazione dal turbine dello spettacolo. Il silenzio ovattato dopo tanto rumore. Diventano gesti meccanici, mentre si svita un bullone o si toglie un contrappeso, mentre si sta smontando anche l’emozione che ti porti dentro.
Durante lo smontaggio è possibile che “l’Omino del Teatro” si avvicini al palco e ti dica diverse frasi, tipo: “Quanto ci mettete?”, “Quanto ci mettete, che devo rimontare per il cinema di stasera?”, “Io devo andare. Quando avete finito spegnete la luce e tiratevi dietro la porta. Passo più tardi a controllare”.
La funzione “torcia” del cellulare, negli ultimi anni, ha diminuito di molto gli infortuni di chi, dopo avere spento la luce sul palco doveva scendere in sala al buio e raggiungere l’uscita di sicurezza più vicina.
SOCIALE
SOCIALIZZAZIONE
SOGNO
SPAZIO
SPERIMENTAZIONE
SPETTACOLINO
SPETTACOLO
Da “guardare” (spécere), col suffisso -cùlum indicante mezzo o strumento ed anche luogo di azione (come in Cenacolo, Tabernacolo).
Lo spettacolo è un appuntamento a un crocevia.
Lo spettacolo presuppone, nella sua azione di *guardare*, una relazione tra chi guarda e chi è guardato: gli spettatori e chi prepara lo spettacolo. Questi due soggetti di danno un appuntamento nel tempo e nello spazio.
Il tempo è quello del prima dello spettacolo, del durante lo spettacolo e del dopo lo spettacolo.
Lo spazio è quello in cui si svolge lo spettacolo.
Come a un crocevia, le strade che portano allo spettacolo sono, per i due soggetti sopracitati, differenti, e presuppongono preparazione, partecipazione e allontanamento.
Lo spettacolo è il punto centrale in cui si svolge l’attività pensata di Teatro Ragazzi.
Lo spettacolo di Teatro Ragazzi è spesso definito per il genere della rappresentazione, classificabile nella differente modulazione di tre principali arti: teatro, musica, danza.
Es: teatro danza, teatro di figura, concerto, balletto, teatro di strada, clownerie, teatro d’attore, teatro di narrazione, ecc.
Lo spettacolo di Teatro Ragazzi è spesso definito a partire dalla tipologia di spettatori.
Es: spettacolo per le famiglie, spettacolo per le scuole, spettacolo per l’infanzia, spettacolo per le scuole secondarie di primo grado, ecc.
SPETTATORE
SPIEGARE
STORIE
STRADA
STUPORE
Dal lat. stupor -oris, der. di stupēre “stupire”.
Forte sensazione di meraviglia e sorpresa, tale da togliere quasi la capacità di parlare e di agire.
Stupore è una parola filosofica per eccellenza. Si ripete sempre che agli inizi della filosofia ci sia lo stupore, la meraviglia. Lo affermano sia Platone sia Aristotele, ed è da loro che lo abbiamo imparato. Il meravigliarsi, l’improvvisa sorpresa, il repentino non più comprendere il proprio essere e quello del mondo stimolano a porsi domande che sfociano nella ricerca di risposte.
Questo sentimento o stato d’animo era detto dai greci thaumàzein, dove in quel thàuma stavano sia la gioia della novità sia l’angoscia dell’ignoto.
Nel Teatro Ragazzi sono bocche aperte, mani che si stringono occhi spalancati o chiusi.
La sorpresa e lo stupore sono mamme di tutte le emozioni, sono un salto verso il mistero e quindi verso la trasformazione e il cambiamento. Sono il motore di partenza per un grande viaggio.
T
TEATRINO
TEATRO
TECNICA
TEMATICA
TEMI
TEMPO
TERRITORI
Dal lat. territorium, der. di terra.
Regione o zona geografica, porzione di terra o di terreno d’una certa estensione.
Il “Territorio d’uno Stato”: quello in cui lo stato esercita la sua sovranità, comprendente, oltre la terraferma delimitata dai confini, il sottosuolo, le acque interne, il mare territoriale e il fondo di esso, e lo spazio atmosferico sovrastante sia la terraferma sia le acque territoriali.
In embriologia, area dell’embrione costituita da più cellule, più o meno ben delimitata dalle aree contigue, sulla base delle proprietà che le competono.
In etologia, l’area che viene occupata da un individuo o gruppo di individui (coppia, gruppo familiare o sociale, colonia) e difesa attivamente contro l’intrusione di altri individui della stessa specie, i cui confini vengono perciò marcati per mezzo di segnali chimici, acustici o visivi.
I “Territori” che il Teatro pensa e frequenta sono di vari tipi: reali e immaginari.
Nel cercare di non limitare il termine e il concetto in un perimetro chiuso potrebbe essere interessante pensarlo come un “Insieme di persone esteso tanto quanto serve ad avere politiche comuni…” (Fabrizio Barca)
Questa definizione contiene la fluidità e l’astrattezza, pur nella solida concretezza di definire un luogo come un insieme di persone che si relazionano per un fine comune: un territorio può essere il mio condominio come la mia regione. L’idea poi che i confini dei territori si definiscano tanto quanto serve a condividere rende dinamico il territorio che si ridefinisce sulla base dei bisogni delle persone, sul concetto di servizio.
Agire su un territorio significa anche tenere conto delle frammentazioni che lo contraddistinguono. Creando reti che valorizzino la condivisione.
Per farlo diventa prioritario concentrarsi sui ruoli e le funzioni che ciascuno ha, in relazione al Territorio.
A volte però le “reti” rischiano di diventare un paravento strumentale. Si parla di “reti” e poi si resta isolati nel proprio Territorio.
A volte, come i gatti, anche il Teatro tende a: “marcare un territorio”. A considerarlo proprio, arroccandosi sulla “difensiva”.
Potrebbe però anche essere che “marcare un Territorio” sia una gradazione un po’ accentuata della “cura” e degli investimenti che ad esso si dedicano.
Parlare di “Marcatura del territorio” porta con sé due domande: di chi è il territorio? Chi ha il diritto di reclamare a sé un territorio?
Forse si potrebbe ragionare con un metodo inclusivo: tutti possono trovare spazio in un territorio a patto di riconoscersi e trovare un punto di incontro, una condivisione e per trovare questo spazio/politica condivisa basta “elevarsi”, andare ad un livello superiore che si fa più vasto e grande e dove c’è spazio per tutti.
Includere implica una costruzione di comunità.
Gli approcci pedagogici degli anni 70 e 80 che hanno prodotto e hanno riflettuto sui Sistemi Didattici Integrati. Le agenzie educative formali (famiglia, scuola, musei, teatri, biblioteche) ma anche quelle informali (il muretto, la piazza, la strada) erano considerati in una visione INTEGRATA. Questa visione ha prodotto una didattica TRASFORMATIVA che partiva dai territori considerati come un SISTEMA: un sistema che di volta in volta è di protezione, di sviluppo delle RELAZIONI…. Questa visione è molto moderna e necessaria oggi: il territorio quindi come cornice TRASFORMATIVA che dà senso alle pratiche che realizziamo.
È importante riflettere, come professionisti, su una sorta di “Codice Etico delle Compagnie” per rispettare i territori dove si va ad operare e dove operano altre compagnie.
Es.: come mi comporto quando mi chiamano da un territorio che si “riferisce” ad un’altra Compagnia? In cui quella Compagnia ha profuso, per anni, energia e cura?
Il Territorio è anche, in una visione contadina e molto concreta, semplicemente una porzione di terra.
La terra si deve conoscere, curare, coltivare.
Anche quando si tratta di quei “Territori dell’anima” di cui si occupa il Teatro.
Al plurale (Territori) il termine evoca la necessità di “ricomporre”.
“Ricomporre” piuttosto che connettere con le reti. Ricomporre in politiche comuni.
Anche perché le reti sono spesso quelle del ragno, costruite per trattenere le vittime e a vantaggio solo del ragno.
Spesso il desiderio di coerenza ci porta a pensare a un immenso territorio unico. Come fosse un Universo. Forse si potrebbe pensare, invece, in termini di pluriuniverso. Valorizzando la ricchezza delle differenze e delle tante voci, perché è importante ci siano più voci che costruiscono/abitano i Territori.
Il Territorio non ha senso se non è abitato. Il territorio non è un deserto.
È un luogo abitato dalle persone e ci vuole un’etica per “governare” le relazioni fra le persone che abitano – anche di passaggio e temporaneamente come gli attori- i territori.
Un territorio è una complessità da conoscere.
Esistono poi altri tipi di Territori. Ad esempio il territorio dell’infanzia e il territorio dell’adolescenza dove chi fa teatro entra come spettatore e come esploratore.
Chi fa teatro è anche una cassa di risonanza di questi territori dell’anima.
Un bel “nodo” su cui riflettere è il rapporto tra due termini che sembrano in netta contrapposizione: “Esplorazione” e “Marcatura”.
Quando il Teatro si mette in relazione alla dimensione del Digitale è come se i Territori tendessero ad allargarsi e ad entrare in una dimensione astratta.
Gli attori, nel loro girovagare, riescono a scorgere aspetti dei territori che chi li abita abitualmente non coglie. Questo perché mettono a confronto i tanti territori della loro esperienza.
Le domande dei bambini a fine spettacolo sono delle spie e dei parametri delle differenze tra territori.
In certi luoghi sono più attenti ai costi dello spettacolo, in altri arrivano molto preparati, eccetera.
Chi fa teatro, spesso, abita provvisoriamente i territori. Creando, involontariamente, false illusioni.
Il primo giorno il barista, il ristoratore, il giornalaio vedono questi nuovi clienti.
Il secondo giorno pensano di avere acquisito dei nuovi clienti.
Il terzo o quarto giorno i clienti, improvvisamente, spariscono.
Chissà quali domande si fanno i negozianti dei territori provvisori dei teatranti.
In epoca pre-navigatore gps, quando si arrivava in un luogo per fare uno spettacolo si doveva abbassare il finestrino per domandare: “scusi per il teatro?”.
E in quel momento si scopriva un nuovo accento, una nuova lingua, un nuovo modo di dare indicazioni e rispondere “allo straniero”.
Per leggere i territori servono delle mappe. Alcune sono molto particolari.
Ad esempio le specialissime mappature fatte dai tecnici teatrali per ricordare le trattorie più interessanti.
TESTO
TOURNÉE
TRAVESTIMENTO
U
USCITA
UTILE
V
VALORI
VEZZEGGIATIVO
Dal verbo vezzeggiare, v. tr. e intr. [der. di vezzo] (io vezzéggio, ecc.). – Tr: fare vezzi, trattare amorevolmente, con carezze e moine, con complimenti e particolari attenzioni.
In un certo immaginario collettivo, Teatro Ragazzi significa vezzeggiare. Parlo di loro, degli spettacoli che io chiamo “gli spettacoli bonbon”, tutti inzuccherati in superficie, nei quali gli attori di solito ultratrentenni magari anche con un accenno di pancetta e qualche capello grigio, si mettono i pantaloni corti, le treccine, parlano con le vocine, mettono il broncio e dicono “uffa”, fanno spallucce, sbagliano apposta le parole. Per farla breve fanno quello che non si dovrebbe mai fare ovvero fingono: fingono allegria girando su se stessi con le braccia aperte, fingono di piangere senza lacrime ma singhiozzando, fingono di aver sonno facendo sbadigli da ippopotamo, fingono di dormire e russano (cosa che raramente fanno i bambini), fingono di divertirsi con il gioco “facciamo che io ero” in modo che la durata dello spettacolo valga il prezzo del biglietto. C’è stato tanto teatro bonbon in passato, ma resiste ancora oggi ed è particolarmente indigesto a noi del TR perché scimmiotta i bambini, li prende in giro, ignora cosa sia l’infanzia e quanto profondo sia il pensiero bambino. Quindi vocina+treccina+pantaloncino+musichina+storiellina= SPETTACOLINO.
VIAGGIO
VISIONI
VOCAZIONE
VOCE
Suono o serie di suoni emessi da umani e animali per produrre segnali, parlare, cantare, sfruttando il passaggio dell’aria attraverso la gola e la bocca.
Produzione di suoni armonici e modulabili e rumori.
Si dice anche di strumento musicale (intesa come timbro), specifiche della voce umana (soprano, alto, tenore, basso), richiamo, esortazione a parlare più forte, opinione collettiva, pettegolezzo e diceria, riferito a ciascun elemento che fa parte di un elenco, parte di una composizione polifonica, chiamata, ordine, bando. Moltissimi sono i modi di dire che utilizzano il termine.
Nelle arti performative che utilizzano i suoni è fondamento imprescindibile per la relazione e il nutrimento emozionale di chi ascolta. È frutto di ricerca e scoperta.
La voce sconfina dallo spazio scenico alla platea, dall’artista al pubblico, e viceversa, riempiendo l’aria di umanità.
“L’equilibrio della voce è il risultato di un’azione complessa che mira a bilanciare l’espressione … con la sensibilità percettiva, la libertà del respiro, la semplicità della postura e la ricchezza della personalità dell’artista” (Lia Serafini, Il canto maestro di equilibrio).
“Una voce mette in gioco l’ugola, la saliva, l’infanzia, la patina della vita vissuta, le intenzioni della mente, il piacere di dare una propria forma alle onde sonore” (Italo Calvino).
VUOTO
Dal lat. volg. vocĭtus, da vacĭtus, part. pass. di un verbo vacēre «vuotare», con la stessa radice di vacuus “vacuo, vuoto”.
Privo di contenuto, che non contiene nulla, che non ha nulla dentro di sé (il contrario di pieno).
Che non contiene ciò che dovrebbe o potrebbe contenere (es.: il teatro era v. – anche mezzo v., quasi v.).
Accezione di smarrimento, qualcosa che manca; è la parte più interessante, è il momento in cui fai tuo quello che stai sentendo.
Alla creatività precede e segue un vuoto. Assenza dell’esterno, uso per sentire, strato della paura e della risorsa. Lo si può trovare in una relazione. Assenza che dà valore alla presenza, le dà possibilità di sedimentarsi, depositarsi e presentarsi. Parola completa. C’è un vuoto tra di noi. Non è il nulla.
È una parola su più livelli. Qualcosa che va in profondità.
W
X
Y
Z
LE PAROLE DEGLI ALTRI
CRISTINA CASONI
INSEGNANTE DI SCUOLA SUPERIORE
RELAZIONE: nell’esperienza dei miei studenti il teatro è spesso il mezzo attraverso cui si superano le difficoltà di relazione quotidiane, in uno spazio franco in cui ci si può permettere di essere autentici
ESPRESSIVITÀ: il gesto, la voce, il movimento nello spazio consentono al mondo interiore dei miei studenti di emergere attraverso medium differenti da quelli prevalentemente utilizzati a scuola; ne consegue una moltiplicazione di possibilità espressive
DIALOGO: il testo teatrale è un dialogo tra l’autore e la compagnia teatrale, la sceneggiatura è un dialogo tra il testo e l’attore, il laboratorio teatrale è un dialogo tra gli attori che costruiscono, attraverso la loro capacità di relazionarsi, il percorso di crescita che la messa in scena di uno spettacolo realizza; infine lo spettacolo è un dialogo che si stabilisce con il pubblico, che a sua volta esce dal teatro portandosi dietro la magia della trasformazione.
ROSA MELONI
EX DIRIGENTE SCOLASTICO
Quando penso al teatro ragazzi, mi vengono queste parole:
NUVOLE, danno il senso della leggerezza, del viaggio, dello sguardo oltre.
LUNA, ispira l’avventura, l’incognito che si avvicina e si svela, rappresenta l’oggetto poetico per eccellenza.
BOSCO, è la scena teatrale in se stessa, richiama l’inconscio, il mistero che fa paura, l’attraversamento “catartico” che arriva alla libertà.
CESARE MORENO
PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE MAESTRI DI STRADA
SPETTATORI
Sono spettatori che sono anche attori, nel senso di essere protagonisti della scena sociale di cui il teatro è una componente. Significa che nel teatro gli spettatori non sono fuori della scena ma in scena perché interagiamo direttamente con i loro vissuti, conoscendoli ed avendoli in qualche modo portati sulla scena.
SPAZI TRASLATI, SPAZI METAFORICI
Il teatro serve a mettere in scena emozioni che lavorano nell’ombra dell’animo e degli spazi sociali, ma lo fanno con uno speciale linguaggio che consente di maneggiare in uno spazio magico, uno spazio lontano da sé – traslato – ciò che è difficile e doloroso affrontare in modo diretto. In un certo senso la scena teatrale è sempre una metafora della scena sociale, ed insieme un modo di alimentare il dialogo interiore di ciascuno.
COPIONE
La costruzione del copione insieme agli attori è il luogo in cui si realizza la saldatura tra l’educazione intesa come processo in cui ciascuno va oltre se stesso ed il teatro che fa la stessa cosa portando l’attore oltre il suo ruolo sociale. Per essere consapevoli di sé occorre in certo senso guardarsi da fuori, assumere maschere diverse per poter vedere quella propria. La costruzione del copione insieme agli attori è quindi una continua espressione di sé per finta che però serve a sentire meglio il vero. Per essere buoni studenti forse bisogna essere dei buoni attori.
GIUSI QUARENGHI
POETESSA E SCRITTRICE
3 parole + una di scorta (a scelta)
BUIO, culla e tana primordiale, di ogni inizio, di ogni fine, di frattura e discontinuità, di ogni visione apparizione, di ogni perdita e scomparsa; spaesamento spazio-temporale; ogni qui un altrove, ogni altrove un qui; condizione per scritture di luce; cassa armonica; albergo dello stupore e della paura; protezione e minaccia di ogni vicinanza; solitudine, comunque; parentesi tonda.
FERMENTO, scombina e trasforma ogni processo che porterebbe a marcescenza avviando metamorfosi. È la strada del pane, del vino, del formaggio; le strade, dai tempi dei tempi, nelle geografie più lontane e diverse, a partire da quello che c’è e si può.
Essere fermento, creare fermento, fermentare, essere in fermento.
CERCHIO, forma dell’accordo, di un patto alla pari; a definire un dentro e un fuori ma, più ancora e prima, a stare sulla linea, tra dentro e fuori, a disegnare e tenere la soglia della distinzione e della mescolanza; senza spigoli, senza gerarchie; ogni punto inizio, fine e continuità.
E/O, per dare vita al grande catalogo del simile e del dissimile come universi non separati; per sperimentare come congiunzione e disgiunzione si tengano, condizionino, alimentino; e come le cose (pensieri, emozioni, vissuti, scelte, comportamenti) coesistano pur essendo alternative, siano alternative coesistendo.
ANDREA SERRA
Maestro all’ospedale microcitemico di Cagliari
Narratore
Curatore ufficio poetico tuttestorie
ASTUNFOLICO
Cosa significa questa parola non lo so.
Credo che il teatro, e il teatro ragazzi in particolare, possieda parole e immagini e gesti e suoni che, i bambini e i ragazzi, non sanno bene che cosa vogliono dire ma che gli si piantano dentro aspettando di trovare un senso.
GENERATIVO
Il teatro ragazzi, non il teatro fatto per i ragazzi o per i bambini, è generativo.
Ha la potenza di farti uscire dalla sala diverso da come sei entrato.
Un ottimo esercizio, per gli adulti, è quello di osservare, ad esempio, una classe quando lo spettacolo è finto.
Genera possibilità.
SINCERO
Qualunque cosa si racconti, anche la più incredibile, qualunque oggetto si porti in scena, anche il più assurdo, deve essere vero per quella storia.
Solo ciò che e necessario non è finto. La sincerità sta nel sentire, vivere realmente quella storia e quell’oggetto.