Del fare e dire Teatro per bambini e ragazzi. O del tendere al sogno.
Il 7 gennaio 2019 Assitej Italia ha inviato la sua prima e-mail dell’anno ai propri soci. E quel che è stato affidato alla rete è stato ben più di un augurio: è stato un seme. Piccolo, come a un seme si addice, ma che auspichiamo potente, capace di crescere e di espandersi molto fuori da sé, di generare una bellezza inattesa.
Il 2018 ci ha riservato un’impennata di odio e violenza, si leggeva in quell’email, che sembrano dilagare ed esprimersi con sempre più evidenza nella quotidianità. Un’impennata ben nutrita da tutto quel che l’ha preceduta e preparata, beninteso, che ci porta in un presente in cui la frequenza di manifestazioni ostili sembra essersi fatta particolarmente elevata e dove il ventaglio delle loro declinazioni pare ampliarsi. Anziché essere abbattuti, nuovi muri vengono costruiti.
In una giornata qualsiasi, chiunque di noi può essere chiamato a testimone di almeno un episodio di intolleranza di varia entità, benché spesso possa addirittura sfuggire alla percezione in quanto tale per il paradosso della banalità del male.
Sarebbe bello che il teatro potesse bastare di per sé come atto resistente, quello dedicato a bambini e ragazzi come antidoto possibile all’odio, espressamente dedicato a quelle nuove generazioni così determinanti per il mondo che sarà.
Sappiamo che, per quanto indispensabile, è una goccia. E pensiamo che il nostro tempo chieda alle riserve di quella bellezza necessaria e salvifica non soltanto di esserci più che mai, ma anche di raccontarsi, di intraprendere nuovi passi, di dirsi e dire in espresso riferimento al contrasto dell’odio. E di farlo gentilmente.»
Sono state queste le premesse dell’istituzione di un tavolo di lavoro interno all’Associazione dedicato al contrasto d’odio, un tavolo che raccolga le esperienze già in essere e le faccia conoscere, magari per farle crescere e sviluppare; che ne inneschi di nuove, inventandole o scovandole altrove; che contagi, dentro e fuori Assitej Italia, così da favorire l’irradiarsi di una riflessione dedicata e di azioni concrete, da poter attivare e coltivare singolarmente e in rete.
Il carattere artistico e necessariamente relazionale del teatro lo designa naturalmente come possibile via di contrasto all’odio e di riaffermazione dei diritti umani, tanto più ove si rivolga alle nuove generazioni, che ciò avvenga o meno in via esclusiva. Potrebbe dunque apparire superfluo o tautologico voler rimarcare un simile aspetto, una perdita di tempo e di energie il volerlo scandagliare. D’altro canto, così come le storie che non vengono tramandate tendono inevitabilmente a disperdersi, le verità implicite, per quanto importanti, nel continuare a esser date per scontate possono rischiare di non venire più riconosciute, se non percepite.
Ecco, allora, che in un contesto come quello contemporaneo, la vocazione essenziale del teatro e del teatro dedicato a bambini e ragazzi e la loro inevitabile funzione sociale, mai scevra dal portato artistico, appaiono oggi più di qualche tempo fa da riaffermare espressamente, oltre che da continuare ad agire. Questo straordinario e potente luogo fisico e metaforico dell’incontro, della comunità, del costruire ponti, del tessere, dell’ascoltare se stessi e gli altri, dello scoprire e del sorprendere, del tendere al sogno, del favorire nuove visioni è oggi chiamato non soltanto a esprimersi artisticamente, ma anche a raccontarsi come contributo sostanziale alle nuove generazioni, anche, per la costruzione di un immaginario altro rispetto a quello dominante. E questo sulla scena, ma anche intorno ad essa.
«Al momento dell’accoglienza a teatro», continuava quell’e-mail, «quali immagini scelgo, quali parole? Quali confrontandomi con gli spettatori relativamente allo spettacolo a cui si è appena assistito? Vi sono laboratori attivi con un focus diretto o indiretto su questo o prassi che invitino il mio pubblico a confronto, integrazione, reciprocità, sostegno?»
Per ricordare un esempio “attorno alla scena”, che vada anche oltre la dimensione nazionale, il progetto Take a child to the Theatre è una di quelle azioni da far crescere e conoscere, anche al di là della raccolta fondi in sé: già il raccontarla al pubblico e sensibilizzarlo alla necessità di contribuire a sostenere il diritto di tutti i bambini all’arte e alla cultura è di per sé assolvere in parte a un compito sociale fondamentale, ribadendo come la funzione del teatro, in quanto espressione artistica e culturale, sia un bisogno se non primario almeno necessario del bambino, poiché contribuisce in modo sostanziale alla sua crescita di persona e cittadino del mondo: è di per sé una forma di contrasto alla povertà educativa, ma anche all’indifferenza e all’intolleranza nei confronti dell’altro, indipendentemente dalla distanza che separa, fisica o culturale che sia. E anche raccontare questo o altri progetti, altre azioni, anche minime, che abbiano una simile efficacia, assolve a tale funzione nel senso, come pure nella forma. Perché se le parole sempre sono importanti, il loro uso, la loro scelta, oggi, in un momento storico in cui una delle emergenze è quella dell’hatespeech, lo è ancora di più.
Vi sono certamente temi che esprimono un approccio e un immaginario collettivo in modo più manifesto e urgente, come quello dei migranti – inevitabile emergenza non di uno Stato né di una manciata di Paesi, ma del mondo -, ma numerose sono le possibili declinazioni del contrasto a odio e violenza attraverso e attorno al teatro per bambini e ragazzi, tante quante quelle degli stessi odio e violenza, a livello di tema, di prassi, di racconto. Da immaginare, agire, dire in una dimensione individuale come in quella collettiva.
Nel grande e nel piccolo. Come nei semi. Capaci di generare dal filo d’erba alla foresta.
Barbara Pizzo – vice Presidente di Assitej Italia
Articolo pubblicato su www.assitej-international.org e nella newsletter international il 28.03.19
Foto:
COME NELLE FAVOLE – La Piccionaia – Centro di Produzione Teatrale
Fotografia di Eleonora Cavallo